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Fabio Fazio, assalto alla Meloni: tempismo sospetto, cosa non avete notato

Francesco Specchia
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A volte, il tempismo politico di Fabio Fazio ha qualcosa di ancestrale, è un riflesso pavloviano che gli smuove pensieri, viscere e sorrisi. Inevitabilmente, verso sinistra. Ma - e dico sul serio - c'è da apprezzarne la coerenza: mentre in Rai sono assordanti i cigolii di riposizionamento e tutti, alla fine si scoprono meloniani da sempre, almeno Fabio per la prima puntata del ventennale del suo Che tempo che fa su Rai tre ha mantenuto salde le posizioni. La prima parte del programma, infatti, s' è graziosamente immersa nella politica politicata, filtrata da un unico sguardo, livido e preoccupato sul futuro dell'Italia in orbace. C'erano in studio il bravo Massimo Giannini direttore della Stampa, repubblicano di vocazione nel senso del quotidiano Repubblica e da sempre diffidente verso qualsiasi governo con striature di centrodestra; e c'era Tito Boeri economista di pregio già presidente dell'Inps, tra il 2014 e il 2019, a forte trazione Pd. In collegamento, la puntuale vicedirettrice del Corriere della sera Fiorenza Sarzanini. Il tema: come sarà il governo di Giorgia Meloni? Un argomento affatto inedito, anzi diciamo pure arato e dibattuto in ogni talk del regno. La discussione si orienta attraverso le abilissime domande di Fazio anticipate sempre da un educatissimo «fermo restando che la Meloni ha vinto le elezioni nettamente...»; dopodiché, ecco gli interventi. Li segnalo così, random.

 

 

 

I POST FASCI 

Giannini: «Le difficoltà ci sono tutte, riguardano l'identità della nuova destra. E c'è poco da meravigliarsi o indignarsi se tutto il mondo ci guarda. Per la prima volta c'è nella stanza dei bottoni una formazione discendente in linea diretta dal postfascismo». Boeri, rispondendo sul reddito di cittadinanza che FdI vorrebbe cancellare: «Oggi i percettori di reddito sono disincentivati. L'idea folle è che si dia il contributo a chi a reddito zero; poniamo che troviamo un reddito zero (che non sia evasore) che prende 500 euro dallo Stato; se un datore di lavoro gliene propone 100, di euro, ovvio che mai accetterà». E lì mentre mi faccio un cenno di assenso da solo penso più che Keynes, al lapalissismo del Catalano di Quelli delle notte.

Altro giro di domande. Fazio chiede a Giannini: «Il governo Conte 1 con la Lega era connotato per la ricerca di avversari, immigrati prima di tutto: dobbiamo aspettarci che questa strategia di consenso possa essere ripresa di fronte a delle difficoltà evidenti del governo? Se saltano le riforme si può temere che ci si ripieghi sui nuovi nemici da trovare?». Quesito asettico, diciamo. Il cui sottotesto sarebbe: la Meloni fallisce la prova Palazzo Chigi e Salvini tornerà ad abbaiare ai migranti come Capitan Kidd sulla tolda di una nave pirata? Giannini, a domanda risponde dal suo punto di vista: «L'incognita del governo Meloni è esattamente questa. Non ho pregiudizi, ma finora lei si è connotata per due atti politici: il voto contro a Straburgo per difendere Orban; e la partecipazione al raduno di Vox partito neofranchista, lei è apparsa in Pantheon che presenta il peggio del peggio delle destre golpiste specie sudamericana. Io sono moderatamente preoccupato che l'Italia assuma la fattezza della Polonia, paese fortemente europeista ma che sui diritti civili da più spazio alla matrice di destra dura e pura da cui la Meloni proviene...». Bang, una fucilata.

 

 

 

IL MASCHILISMO 
Ancora Boeri, istigato su Quota 41, proposta pensionistica fuori moda, laddove, oggi, magari è meglio sapere sui destini di gas e caroenergia: «È un provvedimento che verrebbe a creare delle differenze fra generazioni diverse e premierebbe gli uomini. C'è un atteggiamento maschilista in queste proposte, costerebbero tantissimi soldi. Abbiamo bisogno di soldi per famiglie, imprese e cassa integrazione (giusto, ma non l'aveva detto per il reddito di cittadinanza, ndr)». Zac, ecco tranciato uno dei capisaldi leghisti.

Sarzanini, in collegamento spiazza, rispondendo a Fazio che le chiedeva se la Meloni prima donna premier faccia bene al femminismo: «Non sono per le quote rosa, mi auguro solo che Meloni sia brava». Dopodiché, i tre si congedano, e l'atmosfera è straniante: insuffla nello spettatore emotivo la sensazione che Giorgia possa presentarsi al primo consiglio dei ministri in fez, fascio littorio, olio di ricino in mano, pronta a gettarsi nel cerchio di fuoco. Eia eia alalà.

Mi dico: bene, finito il talk, un tantino di parte, ora Fabio riequilbria. Ed entra Enrico Letta. Che esordisce con «il primo gesto di Giorgia Meloni in politica estera è stato partecipare al congresso delle destra spagnola di Vox, dei post franchisti. Francamente mi aspettavo qualcosa di più costruttivo e europeista». Fazio gli fa notare che FdI ha stravinto a Sant' Anna di Stazzema e a Sesto San Giovanni, un tempo roccaforti rosse. Letta glissa attribuendo il disastro alla legge elettorale (voluta dal Pd). E ci va giù col piumino di cipria: «Dobbiamo fare il nuovo Pd e fare opposizione bene, perché questo governo nasce con una luna di miele che non sarà lunga... mi appello a tutte le forze politiche, sennò Meloni e il suo governo avranno un grande vantaggio e noi non dobbiamo darglielo perché un governo più di destra della storia sarà un grande problema per l'Italia». Un grande problema.

Enrico è quasi in trance davanti al conduttore, ma il suo corpo astrale vagola oltre il tempo e lo spazio: il segretario crede ancora di essere in campagna elettorale al Mugello. Anche Fabio resta visibilmente imbarazzato all'uscita lettiana più fantascientifica della serata: «Quando tra poco ci sarà la crisi di governo chiederemo che si vada subito al voto». Fazio gli ricorda la Meloni deve ancora avere l'incarico; e che il segretario si porta un po' avanti col lavoro. Letta risponde che rifonderà il Pd basandosi «sullo Ius Scholae», provvedimento già bocciato quand'era al governo, figuramoci ora. Fine. Un'ora e dieci di malinconia. Sdrammatizzata solo un po' dalla successiva presenza nel programma di Burioni Maionchi, Mengoni e Littizzetto che parla delle fave di fuca.

CUPIO DISSOLVI
Ora, gli interventi di Giannini, Boeri odi Letta, sono legittimi, per carità. Il problema è l'assenza totale di contraddittorio, di una voce banalmente di centrodestra, non per par condicio per carità, ma per semplice educazione istituzionale e grammatica da servzio pubblico. Che Tempo Che Fa ha intrattenuto 2.221.000 spettatori, share l'11.3%. La sensazione è che Fazio (con la coerenza stasera ci ha dato dentro) abbia voluto connotarsi, provocare, quasi esorcizzare l'ansia di un cupio dissolvi prossimo venturo. Tipo: oddio arrivano i fasci e io non ho niente da mettermi. Ma forse è solo una mia sensazione...

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