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Ilaria D'Amico, rivelazione su Formigli: "Quando prese il mio posto perché..."

Francesco Specchia
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Ilaria D'Amico è un fascinoso ircocervo televisivo. Testa di cronista, fisico da anchorwoman della Cnn, piedi avvolti negli scarpini da calcio con tanto di tacchetti spezza-rotula. Dalla sua doppia natura, di giornalista sportiva e di analista politica, sta per tornare a prevalere la seconda. Romana, classe 73, un compagno, l'imparabile Buffon, quattro figli (due suoi più due di Gigi) immersi nel cuoio pallonato, per dirla alla Brera: Ilaria riappare su Raidue col programma Che c'è di nuovo, il 27 ottobre, dopo una vita passata a Sky. L'ennesimo contropiede.


Cara Ilaria, si tambureggia di un programma a metà fra Nemo e Le invasioni barbariche. Dove ti ritrovi come capoautore Alessandro Sortino, ex Iena già Premio Ilaria Alpi, che nel 2006 avevi già lavorato nel suo altro programma politico su La7 Exit. Il tempo fugge...
«Già. Il programma è un mix del genere, anche se vorrei che si connotasse da sé. Mi ero presa un anno sabbatico per la famiglia. Quando la Rai è arrivata a gennaio con l'idea di riportarmi a essere un punto di riferimento dell'informazione sono stata felice. Sortino è un autore nato e scopritore di talenti. E poi, come tutti quelli che raggiungono la maturità dopo una gioventù passata con la verità in tasca, ritiene, come me, che il giornalismo non si debba tagliare con l'ideologia. Ci saranno reportage, interviste e dei Ted, i comizi dal palco dove echeggerà una domanda "Cosa c'è di nuovo?". Scaveremo nella guerra, nella sanità, nella bolla energetica. Vorrei raccontare un mondo impazzito, politica compresa».

In tutti questi anni - diceva Proust - sei andata a letto presto. Ma le notti nelle notti di Sky, ti hanno legata a un'esclusiva pluriennale. Come ti senti ora, svincolata come i calciatori e rientrata all'ovile Rai?
«Prima ci fu il passaggio a La7. Mi sembra ieri - era il 2006 - quando Corrado Formigli prese il mio posto in corsa perché Sky mi fece l'esclusiva. Corrado ereditò tutta la mia squadra di autori che lavorano su un racconto anche ironico dei fatti; e ci aggiunse la sua abilità nel reportage. Mi incuriosisce, ora tornare in Rai con una donna, Giorgia Meloni, per la prima volta a Palazzo Chigi; credo sia una grande occasione per il Paese. Mi auguro che prevarrà il merito, anche a viale Mazzini».


Giampaolo Rossi, punto di riferimento Rai per Fratelli d'Italia, dice che la logica del "non faremo prigionieri" non funzionerà. E che serve aprire ai bravi...
«Non sempre è avvenuto. Anche se io, in verità, ho frequentato la Rai di fine anni 90, quella di grandi professionisti come Freccero. Prima ancora facevo La giostra del gol, quattro anni al fianco di Gianfranco De Laurentiis. Pensa che scuola. Mai stata oggetto di lottizzazione. Poi sono andata a Sky che aveva dinamiche meritocratiche molto americane...».

E prima ancora ancora c'era stato Renzo Arbore, che per te stravedeva. Fu davvero un pigmalione?
«Arbore è l'uomo delle mie Sliding Doors. Io ero una semplice studentessa di giurisprudenza (il metodo di studio delle pratiche mi è servito nelle inchieste) che voleva fare l'avvocato internazionalista. Renzo era un amico di famiglia; lo frequentavo a casa del suo autore storico, Armando Santoro che aveva sette figli uno dei quali era per me un fratello. Un'emozione fu quando Renzo mi lasciò un messaggio in segreteria e mi prese a Rai International di cui fece il direttore artistico. Dopo quattro mesi litigò e se andò. Io, invece, lì rimasi».

Scaviamo nei ricordi. In curriculum, nel 2001, hai un talk Viva l'Italia, con Vittorio Feltri e il compianto Sandro Curzi, il diavolo e l'acquasanta. Come fu l'approccio?
«La prima volta nella cronaca politica. Feltri e Curzi erano due mostri sacri, la pensavano l'uno il contrario dell'altro, battibeccavano con un'eleganza estrema, così lontana dagli stracci che volano oggi nei talk. Ricordo che incappammo nella seconda guerra del golfo, arrivavano le prime immagini coi droni, una prospettiva inedita del conflitto. Erano maestri ma mi lasciavano condurre le danze...».


Gli annali ricordano e portano come esempio di intervista "a schiena dritta" la tua a Berlusconi a Lo Spoglio su SkyTg24. Silvio, in effetti, scivolava come un'anguilla. Come ti eri preparata?
«Era il 2012, e Berlusconi era in una situazione non dissimile dalla attuale: cercava di risalire la china, e, da solo, pur perdendo le elezioni, riuscì a recuperare un consenso gigantesco, 12-15 punti. Il giorno prima, si era ripreso la scena, trionfante, nella puntata-mostre a La7 di Santoro, un vero show; e, come si dice in gergo calcistico, "aveva poco appetito", aveva già dato. Ma io ero affamata. Lui si sedette cortesemente senza sapere cosa gli avrei chiesto e tentò di deviare le domande, ma ad ogni non-risposta io riportavo la barra dritta. Mi riconobbe di non avergli teso trappole. Ma non lo faccio mai».

E l'incontro con Gheddafi? Quando intervistasti leader libico, qualcuno azzardò il paragone con la Fallaci davanti a Khomeini. Non era un tantino eccessivo?
«Più di un tantino. Non ti permetto neppure il paragone, anche se Oriana rimane modello universale. Intervistai Gheddafi nel 2005, dopo i fatti di Bengasi. Era minaccioso verso l'Italia, e scelse un canale Sky per esternare. Io me stavo già occupando e, d'accordo con l'allora direttore Emilio Carelli, volai in Libia. Gheddafi posticipava continuamente l'appuntamento per paura di attentati. Finché non ci trovammo in una tenda nel deserto, dove mi concesse 15 minuti in cui spiegò che voleva un'autostrada per esser risarcito dalla guerra mondiale. Il colloquio durò, invece, un'ora, e riuscii a trarne un ritratto dell'uomo, oltre all'intervista. Per me fu memorabile».

Le interviste sono articoli rubati, si dice. Se funzionano è merito dell'intervistato, se non funzionano colpa dell'intervistatore.
«Non sempre. È da dimenticare la mia intervista a Mario Monti: fui presa da tenerezza e sussiego al tempo stesso, non riuscii a fare le domande giuste, fu una cosa noiosissima».

Il sindacato Rai ha ottenuto che l'Edicola, la rassegna stampa di Fiorello "una risorsa esterna", non facesse concorrenza al Tg1. Chi aveva ragione?
«Ma secondo te la Rai può fare a meno del genio di Fiorello? Poi, guarda, la nostra produzione è tutta interna a viale Mazzini, abbiamo trovato risorse Rai straordinarie, laddove mancherà qualche casella con certe caratteristiche non trovo nulla di male a pescare da fuori».

Il tempo libero come lo passi? Che tv guardi, che film frequenti, che calcio mastichi?
«Con un marito calciatore e quattro figli maschi, vediamo tutto il calcio possibile e impossibile (ci sono squadre del campionato olandese che non immaginereste mai...). Poi molto cinema impegnato europeo da Kieslowski a Kusturica, molto Quentin Tarantino e serie tv tipo Background, viste rigorosamente coi figli sul divano, e sempre in ritardo rispetto alla programmazione. Mi struggo in cose molto lente e intimiste, non so se sia una metafo ra...».

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