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Sanremo 2023, la volgare patacca della tv canaglia

Iuri Maria Prado
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Avevano capito anche i sassi, immediatamente, che il messaggio di Zelensky affidato alla “poetica” lettura del capobanda strapaesano del festival Bella Ciao non era una scelta di ripiego tattico della diplomazia ucraina, ma la volgare patacca della Tv-canaglia che avrebbe preferito assai imbandierare tutto d’arcobaleno e arrivederci all’anno prossimo: ma sarebbe stato davvero troppo. E allora quel penoso rimedio, specie dopo che Giorgia Meloni s’era lasciata andare a buttar lì che il presidente ucraino sarebbe stato meglio vederlo in faccia e ascoltarlo in voce, anziché ritrovarselo propinato dall’interpretazione del piazzista del trash italianone, l’hanno allocato in fascia nottambula, in favore di qualche superstite stravaccato e della mobilia muta davanti allo schermo sterile.

 

Sarebbe stato meglio, molto meglio per tutti - per gli ucraini, per il nostro Paese, per il pacifismo collaborazionista come per quelli che invece riaffermano il dovere di sostenere chi resiste all’aggressore- se questo ignobile carrozzone del cosiddetto servizio pubblico si fosse preso la responsabilità di non farne proprio nulla, niente ospitata, niente videomessaggio, niente lettere, e che al posto di quella vergognosa soluzione compromissoria ci fosse un bel finale con spaghetti, mandolini e tanto buon cuore, cioè la rassegna dell’Italia senza trucco. Almeno non ci sarebbe stato spazio per fraintendimenti, e l’insulto agli ucraini- ma anche, occorre dirlo, a un presidente del Consiglio senza il quale avremmo da tempo ceduto allo slogan “Né con i bombardati né con la Nato” - sarebbe stato più rotondo e franco, senza l’adulterazione dello spot paraculo nella tranquillità delle tenebre. Potevano scegliere tra Zelensky e Putin. Non hanno scelto Zelensky e avranno Amadeus.

 

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