Michael Jackson, le confessioni del rabbino Shmuley Boteach
"Il libro che Michael Jackson avrebbe voluto farti leggere", che raccoglie le confidenze che la pop star gli ha fatto tra l'agosto del 2000 e l'aprile del 2001
“ Io sono un amico di Michael, non un suo fan. Abbiamo fatto questo libro per far conoscere cosa c'era nel cuore di Michael Jackson. La tragedia della vita di Michael è che lui aveva una fama mondiale, ma, al tempo stesso, ci sono delle cose che non si sanno, delle cose che a lui non piacevano; la sua celebrità è diventata una prigione per lui. Gli dicevo sempre che se avesse avuto la possibilità di parlare con la tua voce, tutti i fan avrebbero capito la sofferenza che ha provato da bambino.” A parlare è il rabbino Shmuley Boteach, confidente e amico intimo di Michael Jackson, che ha scritto il libro “Il libro che Michael Jackson avrebbe voluto farti leggere”, che raccoglie le confidenze che la pop star gli ha fatto tra l'agosto del 2000 e l'aprile del 2001. Da piccolo suo padre gli ripeteva che era brutto: Michael voleva avere un rapporto affettuoso con suo padre e mi diceva che tutto quello che aveva fatto nella sua carriera lo aveva fatto per essere amato e per sentirsi amato. Ha sempre avuto un rapporto difficile con il padre, che voleva farsi chiamare per nome, Joseph, e non papà, e che considerava suo figlio una macchina da soldi e lo puniva duramente quando Michael non faceva quello che lui gli chiedeva. Sino dall'età di 5 anni, Michael si sentiva un po' una scimmietta che doveva fare spettacolo. Non è mai stato abbracciato e non ha mai sentito questo amore, e voleva che i bambini fossero amati dai genitori e che fossero al primo posto. “Prima ti faceva spogliare nudo, poi ti ungeva tutto – c'è scritto nel libro - Era una sorta di rituale e quando la frusta ti colpiva era come morire. Avevi frustate su tutta la faccia e su tutta la schiena, dappertutto. Sentivo mia madre che urlava: “No, li ammazzerai!”. Michael diceva: “Janet (sua sorella) chiudi gli occhi e immagina Joseph (il padre) in una bara, è morto. Sei dispiaciuta? E la risposta era: “No!”. A proposito delle accuse di omicidio colposo a carico del medico di Michael Jackson, il rabbino ospite di Mattino Cinuque spiega: “Le accuse di omicidio colposo che sono state fatte al suo medico non sono convincenti perché per anni e anni hanno prescritto a Michael delle medicine e lui è morto per questa cosa. Ed è uno dei motivi per cui mi sono allontanato da Michael, perché non sopportavo di vederlo stare sempre peggio e i dottori che continuavano a prescrivergli queste medicine. Quando sei un dottore hai la responsabilità di dire no, di dire basta al tuo paziente; non sei un farmacista,ma un medico e devi trovare una soluzione. Io, in quanto rabbino, ho cercato di aiutarlo provando a trovare le cause reali della sua sofferenza”. “Lui era solo e stava male e pensava che la fama lo avrebbe potuto aiutare- aggiunge il rabbino - ma, in realtà, sappiamo che la fama e i fan non ti aiutano in questo. Michael era un'anima gentile e, quindi, si accorgeva di star male, ma, al tempo stesso, quello che cercava negli altri era il riconoscimento e una sensazione di perdono, e voleva che gli altri imparassero dai suoi errori ed è per questo che ha dato l'autorizzazione a pubblicare questo libro e si è seduto con me a registrare queste cassette perché i bambini del futuro possano imparare dai suoi errori.”