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Pino Insegno, vergogna rossa in Rai: come cercano di boicottarlo

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Hoara Borselli
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Che le donne e gli uomini del mondo dello spettacolo siano quasi tutti di sinistra è cosa nota. Anche in Rai è così. I motivi sono sconosciuti. Forse è il dna, forse il caso, forse un ben sperimentato sistema di potere. Per esempio ho sentito dire- ma chissà se è vero... - che in Rai c’è un sindacato interno, che si chiama Usigrai, e che comanda molto più di Fuortes, del consiglio di amministrazione e di tutti i direttori di rete messi insieme.

Vabbè, è la tv, e tu non puoi farci niente. E così se un giorno la Rai pensa di usare il talento e l’appeal di un artista di successo, ma con simpatie di destra, apriti cielo. È un golpe, è la peggior lottizzazione mai vista, è l’arroganza della destra, è la satrapia della Meloni! Stiamo parlando di Pino Insegno, candidato a tornare in Rai. Voi sapete chi è Insegno? Ve lo dico io: un giovane romano di 63 anni che inizia la sua carriera artistica nell’81. Già nell’83 protagonista del sabato sera di Rai 1 con l’Allegra Brigata, con il grande Gino Bramieri. Chi non ricorda la Premiata Ditta alla fine degli anni ’80? All’attivo vanta “solo” quattrocento film doppiati da protagonista.




Attore di teatro da ben quarantadue anni, sulle spalle un bagaglio di migliaia di ore di televisione, tutte di successo. Non certo un improvvisato. Uno che la carriera se la è costruita con la gavetta e che improvvisamente è stato tagliato fuori da tutto senza che nessuno abbia presentato un solo perché. Ora voi pensate che uno così abbia bisogno, per lavorare nella tv di Stato, del lasciapassare di quattro soggetti che nessuno conosce? Che alla tv non hanno mai dato nulla perché non hanno nulla da dare, non hanno mestiere, non hanno doti ma solo stipendio e forse una tessera di partito in tasca? Eppure il popolo di sinistra è scatenato. Specie sui social. «Insegno non può passare!», gridano. Non gliela perdonano quella partecipazione di qualche mese fa a una iniziativa di Fratelli d’Italia. Era il 22 settembre scorso quando introdusse Giorgia Meloni sul palco di piazza del Popolo citando Tolkien e Il Signore degli Anelli. «Verrà il giorno della sconfitta, ma non è questo», con tono trionfalistico.

Andato talmente bene che la Premier lo ha voluto anche perla chiusura della campagna regionale per il Lazio che ha visto Rocca diventare presidente. Uno così può tornare nella tv dell’Usigrai? Verboten! In Italia in questi decenni è cambiato tutto, tranne la discriminazione verso la destra nel mondo della cultura e dello spettacolo. Chiedete a chi ha conosciuto Buzzanca, chiedete a Barbareschi, chiedete agli appassionati di Giuseppe Berto, magnifico scrittore messo al bando perché non portava il fazzoletto rosso. Pare che negli anni Settanta fu messo ai margini perfino il miglior cantante italiano, perché c’era il sospetto probabilmente anche infondato che fosse un conservatore: parlo di Lucio Battisti. Finirà prima o poi questa storia? Torneremo ad essere un paese normale, libero, intelligente? Un eccellente artista e uomo di spettacolo potrà lavorare in pace senza vergognarsi di avere stima per Giorgia Meloni?


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