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Giorgio Bracardi, "che cafoni": lo sfogo pesante sulla Rai

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Daniele Priori
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All’incrocio perfetto tra la comicità e il jazz c’è Giorgio Bracardi. Attore e musicista, autore e interprete di una comicità che lui stesso definisce: farsesca, grottesca, un po’ folle. «Non mi piace il copione. Quando me lo danno, mi mettono in grave imbarazzo» ci racconta sfogliando i giornali con vivacità, assiso su una seduta del Bar Vanni, storico ritrovo romano dei vip, all’angolo tra il Teatro delle Vittorie e viale Mazzini. Lo incontriamo in occasione dei suoi 90 anni compiuti lo scorso 3 maggio. Per il compleanno ha ricevuto gli auguri dalla banda di Striscia La Notizia coi quali è rimasto in contatto dopo la collaborazione negli anni 90 quando inventò Lucio Smentisco, immaginario portavoce di Berlusconi, uno dei suoi tantissimi personaggi di successo: «Ho fatto troppe pernacchie. Tanto che protestarono le mamme perché i figli le rifacevano a scuola». Antonio Ricci gli ha telefonato in questi giorni e Dario Ballantini gli ha dedicato un post sui suoi profili social. Bracardi, da parte sua, considera l’imitatore e trasformista alla stregua di un erede: «Dario è un artista talentuoso e un uomo buono. Ci sentiamo sempre».

Maestro, come vive questi primi 90 anni?
«Come un giovanotto. Non gioco più a tennis, anche se potrei ancora giocare... Mi incazzo come quando avevo venti o trent’anni. La mia passione verso l’Italia è molto molto forte. Sono un uomo vivo e lo sarò fino all’ultimo».

Lei è cresciuto in una famiglia di artisti.
«Ho avuto due genitori meravigliosi. Mia madre soprano, mio padre tenore. Ci hanno tenuto ad educarci alla musica. A casa eravamo cinque figli e avevamo due pianoforti. Sui quali abbiamo studiato tutti. Ci siamo amati e rispettati sempre. Io ora sono rimasto l’ultimo...».

Suo padre fu tra i primi gestori del Salone Margherita di Roma, poi divenuto per decenni sede stabile del Bagaglino e oggi tristemente chiuso.
«Provarono a offrire il Salone a molti altri artisti prima di loro ma non accettarono perché girava la voce che quel posto portasse iella. La stessa voce infame che ha fatto morire Mia Martini di crepacuore. Ne sono convinto. Conobbi sia Mimì, sia Loredana, sia la sorella più piccola quando ancora non cantavano. Per cui sono particolarmente affezionato a loro. A Loredana avevo consigliato di assoldare un buon penalista per difendere la sorella da quelle cattiverie. Mimì era una ragazza buona e spiritosa, oltre ad avere una grande voce».

Il grande successo e la popolarità arrivarono con Alto Gradimento alla radio all’inizio degli anni Settanta...
«Andò in onda per 11 anni meno due mesi, sette giorni su sette. Fu qualcosa di irripetibile».

Però con Arbore e Boncompagni poi litigaste. Arbore l’ha chiamata per i 90 anni?
«Siamo ancora in causa. La trasmissione stava chiudendo per gli ascolti bassi. Arbore e Boncompagni mettevano solo i dischi. Quell’uccellaccio Scarpantibus coi suoi versacci e gli scarponi della guerra fu un successo assoluto. Lo proposi in Spagna in una radio privata ancor prima che in Italia».

Come è riuscito a inventare una sagra di personaggi tutti riuscitissimi?
«Grazie alla musica, allo swing. Il ritmo aiuta. Anche il celebre Patroclooo! al cinema nacque per caso. I tormentoni sono quelli che la gente tiene a mente. I monologhi non li ricorda nessuno. Io ho avuto sempre lo slogan. Mi viene naturale».

Ma faccia pace con Arbore dopo tutti ’sti anni...
«Renzo si è arricchito con Alto Gradimento, il resto in cui è stato bravissimo, è venuto dopo. Però addirittura per i 40 anni di Alto Gradimento andò in tv a vantarsi. A me e Marenco la Rai ci propose di fare un’intervistina in strada. Mi sono sentito offeso per la mancanza di rispetto. Che cafoni».

A quale personaggio si sente più legato?
«Al gerarca fascista Catenacci. A quei tempi guai a fare ironia sul fascismo. Io sono riuscito a mettere d’accordo tutti. Solo una volta a Macerata durante una serata, appena mi presentai vestito da fascista fui coperto da fischi e insulti e costretto a scappare dalla finestra. Saltai e finì nella neve. Quelli ci avrebbero menato per davvero. È evidente che i veri fascisti erano loro...».

Tra i politici c’è qualcuno che le ha ispirato la creazione di un nuovo personaggio?
«Purtroppo no. L’ultimo era Craxi che come mentalità era un fascistone, come lo vestiva Forattini. Lui ambiva a diventare presidente della Repubblica come in Francia. Col suo carattere sarebbe stata una semidittatura...».

A proposito, la Meloni riuscirà a portare a casa l’elezione diretta del Capo dello Stato?
«Io spero di sì. In Italia il presidente della Repubblica ha più un ruolo di rappresentanza».

Grillo ha unito comicità e politica...
«Beppe resta un bravo outsider. Oggi la politica non la tocca più nessuno come faceva lui».

Oggi in tv o al cinema per una comicità come la sua ci sarebbe spazio?
«Penso di sì ma non vedo nessuno in realtà. Forse un po’ Lillo e Greg...».

Nemmeno Pio e Amedeo la convincono, nonostante il successo su Canale 5?
«Mancano genio e raffinatezza. Poi questi di oggi lavorano con gli autori alle spalle. Noi non avevamo nessuno. Con Marenco facevamo tutto da soli. Lo sa che io ero vicino di casa di Fellini? Era un genio. Cinque oscar! Tutta la grande Hollywood si mise ai suoi piedi. Quando mi incontrava mi chiedeva pareri: Bracardino che ne pensi? Io ho vissuto quella Roma là».

Come passa le giornate?
«Sto scrivendo un libro e testi per la tv. La vita in fondo resta la stessa di 40 anni fa: mi sveglio tardi, leggo i giornali, suono il piano, pranzo, incontro gli amici. Non riesco proprio a stare fermo».

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