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Cannes, lo scandalo Lilli Rose: la figlia ragazzina di Johnny Depp...

Marco Rocchi
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Chiappe, droga e rock’n roll. Ovvero The Idol. Quando l’America e la serialità decidono di sbaragliare i velluti fin troppo pettinati di Cannes. Prodotta da Hbo, in Italia sarà disponibile su Sky e Now Tv dal prossimo 5 giugno. Protagonisti Lily-Rose Depp (nei panni di Jocelyn) figlia d’arte, in tutti i sensi che da papà Johnny e mamma Vanessa Paradis ha ereditato in pieno la faccia, i modi, le movenze da “idola” pop sexy. Cattiva ma anche un po’ loser.

Toxic si potrebbe anche dire per farla somigliare ancora un po’ di più a Britney Spears. Anche se la produzione, già nel mirino per la trama e le immagini ritenute tra il misogino e il sessista, smentisce di brutto. L’altro protagonista è un vero idolo del pop, The Weekend, il cantante canadese di tante hit qui al debutto da attore oltre che produttore. Il regista è Sam Levinson, creatore di Euphoria, altra serie divenuta stracult soprattutto tra i giovanissimi. Jocelyn (Lily-Rose Depp), aspirante stella del pop, dopo aver avuto un esaurimento nervoso che ha causato l’annullamento del suo ultimo tour, inizia una complicata relazione con un guru dell’auto aiuto e capo di un culto contemporaneo, The Weekend, che per interpretare il personaggio ha detto chiaramente di essersi ispirato nientemeno che a Dracula.

 

 

RITORNO SULLE SCENE - Jocelyn prepara il suo ritorno sulle scene dopo la dolorosa morte della madre. Si impegna fino a farsi sanguinare i piedi nei tacchi altissimi, ma la sua fragilità è palpabile. Una formula, una storia e quasi ogni singola ripresa volutamente sessuati che hanno mandato in delirio, rendendo al tempo stesso completamente fuori controllo, la platea francese di cultura medio alta.

Qualche polemica sì. Soprattutto per la linea crime della storia che vede la protagonista vittima di un palese caso di revenge porn Ma la morbosità, si sa, vince sempre. Ma c’è poco da fare. Tanto da poter dire che The Idol al battesimo della Croisette, sarà stato pure fuori concorso ma di fatto si è rivelato, senza indugi, il vero vincitore... immorale del Festival.
Segnando di fatto anche un altro piccolo ma sostanziale record che vede di fatto Cannes cedere per la prima volta al fascino perverso della serialità. Cosa mai accaduta prima.

 

 

IPERSESSUALIZZATO - «Cannes è la coronazione di un sogno», le parole anche un po’ irridenti del regista Levinson. «Sapevamo che stavamo realizzando una serie provocatoria, ma guardate il mondo intorno. Viviamo in un mondo ipersessualizzato, specie in America. L’influenza della pornografia sui giovani è veramente forte, si vede sul web, sui social, negli atteggiamenti, nel vestire», spiega sempre il regista Sam Levinson. Chiaro che la musica è davvero solo la cornice, tutto sommato anche triste, di una serie che, decisamente senza badare troppo ai convenevoli (e ancor meno al politically correct), mostra il jet-set americano per quello che è. Una selva di approfittatori fatta di manager, produttori, addetti stampa famelici, pronti senza alcuna riserva a sfruttare allo spasimo il talento ma anche se non soprattutto il privato di quelle popstar (o presunte tali) che, paradossalmente, da idoli diventano esattamente il contrario. Totali anti-idoli. O peggio vittime di storie sordide e sorde. Prive di qualsiasi colonna sonora.

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