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Beatrice Venezi critica Elodie? Si scatena il delirio: lei non replica, ma...

Corrado Ocone
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Due donne lanciatissime eppure tanto diverse da rappresentare due universi politici e morali opposti, tanto divisive da generare due opposte tifoserie sui social in questi giorni di ferie. La prima mossa l’ha fatta Beatrice Venezi, biondissima direttrice d’orchestra che le sue simpatie di destra non ama certo nasconderle (e che il ministro Sangiuliano ha prontamente nominato sua consigliere per la musica appena insediatosi). 

L’altra, cantante pop gettonatissima conosciuta con il suo solo nome di battesimo, Elodie, per ora non ha risposto, ma le sue idee antigovernative, rasentanti l’insulto per Meloni e Salvini, non aveva perso tempo a manifestarle subito dopo la formazione del governo, tanto da essere subito adottata da una sinistra in corto di idee e alla ricerca di eroi à la carte. Più che di idee, trattavasi, in verità, di insulti rivolti a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini, ma come si sa la sinistra on i suoi è di facile palato.

GIOVANI E AFFASCINANTI
Coetanee essendo nate entrambe nel 1990, e quindi giovanissime, affascinanti a modo loro entrambe, la Venezi ed Elodie nascono in due contesti sociali completamente differenti: la prima in provincia (a Lucca) in una famiglia di media borghesia (il padre immobiliarista e impegnato policamente a destra); la seconda a Roma, figlia d’arte ma con una famiglia che in pratica non c’è, con i genitori divorziati che la futura cantante odia e detesta. Dalla famiglia, la futura direttrice d’orchesta apprende i valori tradizionali che ancora oggi la ispirano, seppur senza bigottismi: Dio, Patria e famiglia, come ha onestamente ammesso.

 Mentre la bellezza della Venezi è classica e femminilmente signorile, quella di Elodie punta molto sulla fisicità e la sensualità, non disdegnando di giocare coi miti dell’ambiguità di genere che tanta fortuna hanno nel decadente mondo occidentale di oggi. L’una propone uno stile di vita basato su valori oggi in disarmo, ma nobilmente aristocratici, l’altra sembra fatta apposta per rappresentare quel ribellismo conformistico e mercificato che vede alleate le forze del capitale (in questo caso l’industria discografica) e la generazione post-sessantottina che ha perso gli ideali ed è sprofondata nel nichilismo e nel relativismo.

 

MESSAGGIO
Considerato tutto questo, non si può perciò non ammettere che la Venezi abbia colto pienamente nel segno quando qualche giorno fa ha detto che la cantante romana «rappresenta il corpo della donna in modo poco elegante» e che perciò a lei preferisce Taylor Swift. Lo ha affermato non gratuitamente, ma in una intervista a La Stampa in cui le si chiedeva esplicitamente di prendere posizione fra le due popstar. Poche parole che dividono un mondo dall’altro, anzi due diverse estetiche: quella del bello kantiamente inteso come misura e proporzione e quella del bello come gioco avanguirdistico e destrutturante della postmodernità. 

Il tutto però senza quel compiacimento narcistico e poco spontaneo, affettato e costruito, che abbiamo riscontrato qualche giorno fa nel “reportage di viaggio” di Alain Elkann. Le poche ma significative parole della Venezi hanno però un valore aggiunto, questa volta tutto politico: sembrano rendere intelligentemente la pariglia a quella sinistra che sul “corpo delle donne” ha costruito una insopportabile e ipocrita retorica volta a colpire una destra definita a priori sguaiata e volgare. A dimostrazione che non solo l’eleganza e la bellezza, ma anche l’intelligenza oggi alberga a destra. Così come pure è a destra che si è realizzata la vera liberazione femminile: donne come la Venezi vogliono e realizzano la loro uguaglianza, ma lo fanno senza buttare a mare la loro femminilità.

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