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Antonio Ricci, quel guaio col Cav: "Ad Arcore stava per finire malissimo"

Fabrizio Biasin
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Dottor Ricci, prima i convenevoli: ci diamo del tu o del lei?
«Del tu, dai».

Non ti sei rotto le balle di fare Striscia?
«No, perché sono curioso. Striscia mi permette di soddisfare quotidianamente la mia curiosità, di sfogarmi e di fare casino. È un buon modo per non annoiarmi».

...E per massacrare all’occorrenza questo e quello. Ti ha querelato chiunque.
«Siamo a quota 400 querele, più o meno».

Alla faccia. Quante perse?
«Nessuna. Anzi, una. Sono stato condannato per colpa di un fuori onda di Vattimo, ma poi ho fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo e ho vinto. La cosa bella era la scritta sull’atto: “Antonio Ricci contro lo Stato italiano”, che soddisfazione».

Ci vuole coraggio.
«Io la chiamo incoscienza».

Ma non hai mai paura di “finire male” con una di queste cause? Io sarei terrorizzato.
«Non ho mai avuto paura. Io le paure le affronto. Sai di cosa avevo paura da bambino?».

Dimmi.
«Del vuoto. Era una cosa che mi spaventava tremendamente. E allora ho cominciato a scavalcare i cornicioni e a saltare qua e là».

Tipo parkour praticamente.
«All’epoca non esisteva ancora».

Hai inventato anche quello.
«Spero di no. Qualche anno fa avevo delle rogne con Emilio Fede. Un giorno lo vedo a Milano 2, era in piazza. Io ero all’ultimo piano di un residence mansardato. Per impressionarlo sono uscito sul davanzale della mansarda e dal tetto mi sono messo a fissarlo. Poi ho realizzato che le tegole eran viscide e ho pensato che morire per Emilio Fede sarebbe stato imperdonabile. Sono rientrato».

Sei mai stato “dentro” al Gabibbo?
«Ma sei matto? È un ricettacolo di acari, forme di vita brutte, malattie, morbi, cose orrende».

Però gli vuoi bene.
«No, lo odio, lo detesto, mi fa schifo».

Anche la d’Urso non ha voluto accettare il tuo invito ad entrare e fare una sorpresa alla prima puntata.
«Non poteva. Mi ha detto che deve risolvere le sue questioni con l’azienda».

Tu non hai mai problemi con l’azienda, fai un po’ quello che vuoi.
«Io ho sempre problemi con l’azienda. Ho stipulato un patto con Silvio Berlusconi che resiste anche con Pier Silvio: in trasmissione sono libero, ma i danni sono a carico mio. In ogni caso io non ho esclusive con nessuno, mai avute».

È un buon patto in effetti. Col Berlusca sei sempre andato d’accordo?
«Ma va, abbiamo litigato eccome».

Tipo?
«C’era questa trasmissione, Matrioska, doveva essere una cosa innovativa, a presentare ci avevo messo un venditore marocchino di quelli che commerciano tappeti. Nella mia mente doveva rappresentare Pippo Baudo. Era uno molto sveglio. Poi c’erano Moana Pozzi, Silvio Orlando, Sabina Guzzanti... Mi ero inventato questa cosa dei cori, tra gli altri quello di un gruppo di giovani di Comunione e Liberazione. Li faccio arrivare e loro pensano di partecipare a un programma, boh, etnico».

Grave errore!
«Non so perché ma io mi immaginavo ‘sto gruppo di ragazzi che venivano con la corriera da Rimini e cantavano le canzoni della chiesa tutti insieme con un prete...».

...E invece?
«E invece erano tutti figli di potenti, avvocati, notai... Il capo ufficio stampa dell’epoca era uno di Cielle, li informai che la mia è una trasmissione con Moana nuda e altre cose e questi mandano un Articolo 700, una diffida per bloccare la messa in onda».

 

 

 

Quando entra in scena il Cavaliere?
«Mi convoca nel suo ufficio e mi chiede se ho la liberatoria del coro, se no devo toglierlo. Io ovviamente gli dico di no. E allora lui mi dice “Allora ti blocco la messa in onda, se tu fai il ladro io non posso reggerti il sacco”. Me ne vado».

Azz... E poi?
«I giornali si sbizzarriscono. Repubblica, invece che i brufolosi di Cielle, mette in prima pagina Moana e lo Scrondo, mica scemi, e fanno intendere che la trasmissione non va in onda per colpa loro. Balla. Io allora decido di bloccare il Drive In, ma prima mando in onda un’edizione ridotta nella quale D’Angelo in versione Sandra Milo picchia i Piccoli Fan di Formigoni e Berlusconi. Insomma, esplode un casino. E Berlusconi, dopo aver ascoltato una delegazione formata da D’Angelo, Greggio e il regista Recchia, capisce che senza di me non si riesce ad andare avanti ed è costretto a riconvocarmi».

La resa dei conti...
«Entro e mi accomodo nel suo studiolo. Lui mi raggiunge, prende un ferma porte di ferro, di quelli pesantissimi. Mi dice “adesso ti spacco la testa perché voglio vedere cosa c’è dentro”. Allora afferro un tagliacarte e gli dico “e io ti faccio il vestito da prete!” che in gergo malavitoso vuol dire “ti apro dall’ombelico alla gola!”. Ci guardiamo in cagnesco e... Esplodiamo in una risata. Alla fine ho fatto l’Araba Fenice... E ho messo il coro di Comunione e Liberazione!».

Alla fine vinci sempre tu.
«Ma di nascosto, l’ho messo in sigla suonata al contrario come una musica satanica».

Beh dai, su qualcosa ti sarai pure arreso. Dimmi un conduttore che vorresti e non sei riuscito a portare a Striscia.
«Fiorello, è il numero uno, ha una marcia in più».

Mai provato l’approccio?
«Eccome, anzi mi ha pure detto di sì solo che Confalonieri ha fatto saltare tutto».

In che senso.
«Mi accordo segretamente con Fiorello che all’epoca aveva il suo programma a Sky. Avevamo già preparato il copione, Staffelli sarebbe stato l’altro conduttore e siamo d’accordo su tutto, mi dice che finito l’impegno con Sky verrà da me».

E poi?
«Succede che il programma Sky non fa grandi ascolti, ma era logico che fosse così, più del numero degli abbonati era impossibile. Il buon Confalonieri, come Pier Silvio, non sapeva del mio patto con Fiorello e un giorno fa una battuta sui suoi ascolti che Fiore non digerisce».

E tanti saluti...
«È venuto fuori il suo animo siculo: “...Se non sono gradito...”. Prima o poi lo porterò qui, se verrà a 80 anni vorrà dire che lo pagheranno in pannoloni...».

Nel frattempo ne sono passati 40 dalla nascita del Drive In. Hai visto, lo hanno rivalutato anche a sinistra!
«Ti correggo, la sinistra lo ha celebrato fin da subito. All’epoca uscirono articoli celebrativi di gente come il poeta Giovanni Raboni, Umberto Eco, Beniamino Placido, Oreste Del Buono, lo stesso Angelo Guglielmi».

E poi?
«E poi, dopo anni anni e anni, il 25 aprile 2009 Berlusconi fa il discorso di Onna e a sinistra devono trovare qualunque pretesto per attaccarlo e scelgono il Drive In. Anche perché è l’unica trasmissione dell’epoca che può venire in mente».

Dicevano che eravate il peggio del peggio...
«Ci han volutamente confuso con Colpo Grosso. Avevano bisogno di un pretesto e ci hanno demonizzato, mentre la verità è che sono stato il primo a dare la parola alle ballerine di fila. Prima di me ballavano e stop, io le facevo parlare, le Ragazze Fast Food recitavano le battute di Ellekappa!».

Dicevano che spogliavate le donne.
«Pensa che Damilano sull’Espresso scrisse che il Drive In coincideva con la discesa in politica di Berlusconi, invece aveva chiuso sei anni prima! Un’eternità nel mondo della comunicazione. Pubblicizzarono un documentario dal titolo Il corpo delle donne per attaccarci, allora io feci lo stesso con foto e filmati di donne uscite sul loro settimanale e sul loro sito. Erano talmente oltre che YouTube me lo censurò. Facevano le prediche ed erano il peggio del peggio».

Cosa pensi della questione “trash in tv”?
«Il trash fa parte della vita, ma non mi scandalizza. Ecco, c’è stato un momento in cui la televisione era peggio del Paese reale. Mi ricordo un programma di Alda d’Eusanio su Rai 2 che andava al pomeriggio ed era veramente pessimo, mandava in onda storie di famiglie incasinate, con il postino che era un perverso polimorfo, la moglie una scambista drogata che si travestiva... cose agghiaccianti e taroccatissime. Mi sono accorto che le mie figlie lo guardavano. Così le ho fatto un po’ la guerra e lei per tutta risposta è andata in onda con una maglietta molto interessante con su scritto “Ricci calmati, fatti una sega”. Oggi una roba del genere sarebbe impensabile».

Beh, grande replica.
«Ah sì, Alda all’epoca era una grande combattente».

 

 

 

Un programma che ti piace?
«Rai 2 Social Club, quello del mattino su Rai 2 con Luca Barbarossa e Andrea Perroni. Sono bravi».

Un comico che ti piace?
«A parte i miei che sono bravissimi ti direi la Cucciari e Crozza. La Cucciari ha la battuta esplosiva».

Domenica partono Fazio e la Littizzetto, vuoi dir loro qualcosa?
«A Fazio? In bocca alla pecora, il lupo vomiterebbe. Comunque alla Littizzetto farei condurre Striscia».

Amadeus è un avversario duro...
«Non c’è concorrenza, fa un programma totalmente diverso...».

Se ti chiedesse di andare a Sanremo da lui?
«Me l’ha già chiesto, gli ho detto di no».

Perché non ti dai alla politica?
«Sono incosciente, ma non fino a questo punto».

Non credi che in tv ci siano troppi talk politici?
«Il motivo è semplice: gli ospiti vengono gratis, i programmi costano poco e fanno l’ascolto che devono fare».

Un po’ ovunque c’è la corsa a dire la propria opinione sul conflitto tra Palestina e Israele.
«Io invece non dico nulla, non ho nulla da dire su una questione così grande. Detesto i tuttologi».

Con le droghe che rapporto hai?
«Mai provate».

Niente di niente?
«Ho un ricordo di quando avevo 9 anni. Una collega di mia mamma, una maestra, fumava le sigarette all’eucalipto, ero rimasto affascinato. Allora insieme a mia sorella strappiamo un foglio da un quaderno a quadretti, ci mettiamo dentro foglie e semini di eucalipto e accendiamo. Ha fatto una fiammata e mi ha bruciato il naso, ci siamo spaventati».

E lì hai smesso la tua avventura con “la droga”.
«Esatto. E con le sigarette».

Un po’ d’alcol ogni tanto?
«Un bicchierozzo di vino sì, ma i super alcolici mi bucano lo stomachino».

Mi racconti la volta in cui sei stato più vicino dall’andare in carcere?
«Avrò avuto quindici anni. Sono sul viale di Albenga con due amici, una ronda militare ferma una recluta e la insolentisce per la divisa in disordine. Prendiamo le difese della recluta. Ci puntano le armi addosso e ci portano alla caserma dei Carabinieri. Urlano continuamente finché non si apre la porta ed esce il Maresciallo che mi dice “Antonio, ma cosa fai...”. Era il papà del mio compagno di banco».

A proposito di Albenga, è vero che giocavi a calcio con Beppe Grillo?
«Sì, nella Berretti dell’Albenga, abbiamo giocato insieme qualche partita».

Eri forte?
«Mah, ero un terzino che giocava solo col destro. Picchiavo abbastanza. A Savona mi danno da tenere uno che sembrava bravo e in effetti mi andava via da tutte le parti. Si chiamava Pierino Prati».

Che fortuna...
«...un’altra volta andiamo a giocare ad Asti, c’era la neve e faceva freddissimo, si fa male il portiere e mi tocca sostituirlo come Giroud l’altra sera. C’è questo toscano che tira sassate da tutte le parti, il pallone era un macigno e faceva malissimo. ’Sto toscano si chiamava Giancarlo Antognoni. Sulla via del ritorno ho deciso di piantarla, non avrei mai meritato una figurina Panini, solo figuracce».

Di Baglioni non ti chiedo nulla...
«A proposito del nulla, spero che si presenti all’udienza. Ha fatto ritirare il libro che Striscia la notizia gli ha dedicato. Credo sia l’unico caso di libro censurato e ritirato in Italia. Quello che c’è scritto dentro è tutto vero. Ma tanto vado fino in fondo e magari ne facciamo un altro».

Antonio, è Berlusconi che ha fatto ricco te o tu che hai reso ancora più ricco lui...
«Bella domanda... Mi piacerebbe saperlo, però sono rimasto deluso, mi aspettavo che mi lasciasse almeno un ferma porte, e invece... Però ha regalato una perla a tutti: “Alla fine il bene trionfa sempre sul male. Tranne nel caso di Antonio Ricci”». 

 

 

 

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