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Le Iene, Paola Barale in Ucraina per la maternità surrogata: "Cosa ho visto"

Daniele Priori
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Paola Barale arriva in Ucraina. La showgirl, autrice del libro Non è poi la fine del mondo, incentrato sul tema della menopausa, si è posta delle domande su un altro tema che vede le donne al centro di un universo di dubbi: la maternità surrogata. Per provare a chiarirli si è messa in viaggio in compagnia dell’autore de Le Iene, Gaston Zama, assieme al quale si sono finti una coppia con l’obiettivo di documentare il più possibile un tema quanto mai attuale e controverso. Il servizio andrà in onda oggi in prima serata su Italia Uno.

Paola, perché siete andati proprio in Ucraina?
«Perché abbiamo scoperto che l’Ucraina è il paese con più nascite tramite la pratica della gestazione per altri. È stata un’esperienza immersiva che mi è servita. Siamo partiti sapendo le cose a grandi a linee. Quello di cui si parla sempre. Con la volontà di approfondire. Solo che andando là mi sono venuti altri dubbi...».

Quali?
«Toccando con mano la questione ti accorgi che si tratta di un percorso molto lungo e non ancora del tutto tutelato. Che andrebbe regolamentato. Quello che mi sono chiesta di più, tornando, è: con un quadro normativo come quello attuale la consiglierei? Per alcuni aspetti sì per altri no. Io forse ad oggi preferirei un’adozione anche se poi parli con persone, come un mio amico che ha un figlio di undici anni nato così, e ti accorgi che sono figli come tutti gli altri. Lui sa tutto. Conosce e frequenta anche la mamma che l’ha portato in grembo».

Partiamo da un po’ più lontano. Lei come preferisce chiamarla questa pratica: maternità surrogata, gestazione per altri o utero in affitto?
«Io la chiamerei gestazione per altri perché utero in affitto non mi piace proprio. In realtà quello di cui mi sono resa conto, in un dibattito così polarizzato, nel quale chi è contrario parla di mercificazione del corpo della donna e chi è favorevole di autodeterminazione e libertà delle donne di scegliere, la cosa più sbagliata da fare è proprio giudicare senza conoscere. Ed è proprio quello che abbiamo voluto fare noi: provare a conoscere senza prendere una posizione o l’altra, con l’obiettivo di fornire al pubblico argomenti utili per andare più a fondo».

Come siete arrivati in Ucraina?
«In aereo fino a Varsavia e poi in macchina. Al confine ucraino è venuta a prenderci un’altra persona che ci ha condotto a Kiev attraverso una strada lunghissima, senza curve, con dei grandi campi da una parte e dall’altra in cui erano visibili i segni della guerra. È stata un’esperienza forte. La prima volta che mi è capitato di viaggiare in un paese in guerra».

Paradossalmente per andare a parlare di vita e non di morte...
«Esatto. Perché poi la vita fortunatamente va avanti. La scienza ha fatto progressi incredibili mettendo in condizione di avere figli anche persone alle quali la natura non lo permetterebbe. In Ucraina ci sono numerose cliniche alle quali si rivolgono anche molte coppie di italiani».

Come siete stati accolti nelle strutture?
«Ne abbiamo visitate diverse. In alcune meglio, in altre peggio. Guardate Le Iene!”».

Ha avuto contatti con donne che si mettono a disposizione?
«Ho parlato con tre donne incinte: una all’ottavo, un al settimo, una al nono mese. Ho capito che è anche un fatto culturale e sociale. Basti pensare che ci sono persone, anche donne, che vanno a lavorare in paesi lontani per necessità, lasciano i figli piccoli e li rivedono dopo tanti anni. In Italia questa cosa faremmo fatica a farlo, probabilmente per una concezione diversa della famiglia».

Avete avuto richieste economiche?
«Abbiamo certamente parlato anche dei costi. Quello che è chiaro che non si può andare al risparmio... Ci sono vari costi: per la donna in gravidanza, per il parto, per i documenti. Quando ho parlato con queste donne la prima domanda che mi veniva era: ma tu lo senti un legame con questo bambino? Poi dopo il parto cosa avviene? Abbiamo toccato molti argomenti ai più sconosciuti».

L’Italia come deve comportarsi?
«Credo sia una tematica che vada al di là della politica. Ha a che fare con diritti e libertà individuali, delle donne e dei bambini che nascono. Va approfondito e richiede una elaborazione onesta, collettiva. Spero che con Le Iene riusciremo a dare il nostro contributo».

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