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Navalny, la lezione degli U2 che cantano per Alexei

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Enrico Paoli
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A Mosca, quasi certamente, gli U2 non canteranno più. Forse a Kiev, dove la loro musica si accosta alla parola libertà. Perché la band irlandese, capitanata da Bono Vox, non è solo un modello musicale da imitare, essendo unica, ma rappresenta anche un riferimento culturale per chi considera Putin un dittatore e Navalny una vittima.

Odi qua odi là. E gli U2 hanno scelto di stare con quell’Europa che sostiene l’Ucraina. E non è un fatto di poco conto, considerando i gorgheggi, simili a ragli, di certi cantanti di casa nostra. 

Certo, nell’immaginario collettivo del mondo musicale, ma non solo quello a dire il vero, gli U2 sono considerati la band per antonomasia. Ma la loro celebrità non dipende solo dalle canzoni, alzi la mano chi non ne conosce almeno una, ma anche dalla capacità di essere uomini del proprio tempo, sapendo sempre da che parte stare. E il loro saper scegliere non è mai un atto di eroismo, o di opportunismo, tipico di certi cantanti e cantantini di casa nostra, ma il risultato della loro sana aderenza alla realtà, cementata dalla vita vissuta e cantata. Sunday Bloody Sunday non è solo l’iconica canzone del gruppo, ma è la patente che legittima le loro indicazioni politiche. La sofferenza e il dolore sanno cos’è, cosi da poterne parlare con cognizione di causa.

 

 

Ma con la lezione impartita al mondo sulla drammatica vicenda di Alexei Navalny, «come persone che credono nella libertà dobbiamo dire il suo nome.
Non solo ricordarlo, ma dirlo», ha detto dal palco Bono, leader degli U2, in un momento del suo concerto alla Sphere di Las Vegas, la band irlandese non ha solo confermato tutto ciò, ma ha dimostrato la necessità di uscire dalla zona grigia nella quale si rifugiano in tanti. La curva della storia impone da che parte svoltare. E gli U2 hanno indicato la direzione. «La prossima settimana saranno due anni dall’invasione di Putin. Per queste persone libertà non è solo una parola in una canzone, è la parola più importante al mondo, così importante che gli ucraini stanno combattendo e morendo per essa», afferma Bono Vox, «così importante che Alexei Navalny ha scelto di rinunciare alla sua. Pare che Putin non dirà mai il suo nome, allora stasera come persone che che credono nella libertà dobbiamo dire il suo nome. Non solo ricordarlo, ma dirlo».

 

 

E diciamolo, dunque. Magari rilanciando pure il frammento postato sull’account X del gruppo con la didascalia “Il canto del pubblico di stasera... Alexei Navalny”. Il cantante ha poi iniziato a scandire il nome di Navalny invitando il pubblico a fare altrettanto. Paul Hewson, ossia Bono degli U2, si era schierato contro Putin, e lo aveva fatto nel liftato salotto di Fabio Fazio, quando andava in onda su Rai Tre con “Che tempo che fa”. «Sai cosa non piace agli italiani e cosa non piace a me? I bulli. Putin è un bullo e sta bullizzando un’intera nazione, i suoi obiettivi sono le donne e i bambini, i quartieri popolari», aveva affermato il cantante, «gli ucraini credono nella libertà forse più di noi e la libertà per me è semplicemente tutto. Vedi Putin e il suo amico bielorusso Lukashenko, questi vecchi grigi, noiosi, che sono degli assassini... La libertà è più sexy di tutta questa roba, non perdete la libertà, è la parola più bella al mondo». No, non perdiamola. Mai.

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