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Geolier in cattedra all'Università, clamoroso: rivolta anche a sinistra

Alessandro Gonzato
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Ci mancava o’ professore Geolier. Professore in televoto? A Sanremo, fischiato dalla platea per la sua esibizione – «razzisti!», ha twittato il Pd – è riuscito comunque a sfondare (anche i timpani) perché prima del Festival il rapper partenopeo aveva fatto il furbacchione: video-social su come votarlo da cinque telefoni diversi, proselitismo nelle scuole campane, operazioni pubblicitarie a tappeto. Tutto lecito, capiamoci.

 Ora l’Università Federico II di Napoli, la stessa dove pochi giorni fa non ha potuto parlare il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, ha invitato Geolier «perché», ha detto il rettore, «si confronti con tanti giovani come lui e si racconti senza filtri. È questa», ha sottolineato Matteo Lorito, «la funzione di un’università, non certo quella di fare spettacolo». No, figuriamoci.

CLIMA CHAMPIONS
I cinquecento posti messi a disposizione dall’ateneo sono stati fulminati in meno di un minuto, come ai concerti delle star: i giovani fan del cantante hanno fatto il conto alla rovescia con gli occhi fissi sullo smartphone neanche si trattasse di Napoli-Real Madrid. Al termine del countdown è stato un pigiare compulsivo sul telefono per accaparrarsi il biglietto. «L’accesso al Complesso Universitario Scampia», si legge, «per prendere posto in aula magna o nella corte centrale dove ci sarà la proiezione in diretta su ledwall, sarà consentito dalle ore 15, previo riconoscimento con documento di identità».

Il concerto, pardon, la “lectio magistralis” si terrà martedì. Geolier sta per Emanuele Palumbo, il quale si è scelto un nome d’arte che in francese significa “secondino” – geôlier – come viene chiamato chi è di Secondigliano.

Ogni scarrafone è bello a mamma soja e dunque che Geolier salga pure in cattedra. Ognuno sceglie i maestri che preferisce. E però c’è anche il diritto di critica, e il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, durante un incontro con gli studenti proprio alla Federico II, è stato tranciante: «Queste cose lasciano senza parole. Se molla l’università, siamo alla fine. Non dobbiamo assuefarci a questo imbarbarimento. Non voglio neppure sapere chi è il cantante», ha aggiunto Gratteri, «se si arriva a queste cose bisogna mettere in discussione anche chi ha organizzato e cos’è diventato il percorso universitario, se non si ha la sensibilità di capire che si devono portare negli atenei soltanto eccellenze, modelli di vita per la formazione dei ragazzi, anche analfabeti che si sono affermati nella vita come modello positivo partendo da zero». Il calabrese Gratteri non vuole Geolier all’università: ora la sinistra darà del razzista anche a uno dei suoi simulacri?

 

Sandro Ruotolo, capo della comunicazione Dem, farà vibrare di nuovo il suo baffone a ritmo di rap? Attendiamo comunicati e tweet infervorati degli onorevoli partenopei di sinistra. Oppure i fischi del Festival di Sanremo valgono più dell’opinione di un procuratore della Repubblica? A proposito: all’università di Napoli, dicevamo, è stato appena impedito di parlare al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, contestato ferocemente dai collettivi pro-Palestina perché ebreo e ovviamente filo-israeliano. Questi ragazzotti pacifisti hanno fatto irruzione nell’ateneo, insultato i «sionisti», urlato al «genocidio», sventolato bandiere della Palestina e srotolato striscioni insultanti, come hanno appena fatto anche a Torino, e dopo la protesta l’Università ha deciso di interrompere i progetti di ricerca con un ateneo israeliano. A Geolier, invece – e guai se qualcuno lo facesse – non impedirà nessuno di spiegare la genesi “I’ pe’mmé, tu pe’tté”, che non è una teoria di Giambattista Vico ma la canzone dialettale presentata a Sanremo.

Il pubblico l’aveva fischiato, e qualcuno aveva perfino abbandonato l’Ariston, non perché Geolier era napoletano, ma perché la sua performance era stata una chiavica, il testo lo avevano capito solo a Napoli, e lui stesso aveva ammesso che era stata la peggiore esibizione da quando canta.

TRADUZIONI
Torniamo al rettore della Federico II, il quale difende la propria scelta (chissà se anche quella del televoto): «Le polemiche non ci interessano e non ci fermano. $ difficile fare cose diverse dai soliti esami, lezioni e ricerca senza che si accendano polemiche. Ma noi accettiamo di buon grado, come sempre, chi esprime dissenso. In un suo video Geolier ha detto “io spero di essere capito”. Ecco, diamo la possibilità a questo giovane di farsi capire». Spiegherà la fenomenologia di I’ pe’mmé, tu pe’tté.

 

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