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Giovanni Minoli, il miracolo napoletano del televisionario geniale

Pietrangelo Buttafuoco
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Il miracolo della televisione è il servizio pubblico, anzi, il servizio al pubblico. E questa è proprio la storia di Un posto al Sole, dal 1996 in onda su Rai3, la più longeva delle serie tivù interamente italiana. Questa del romanzone che si dipana da Napoli è il prodigio dell’azienda pubblica che dalla messa in scena di un format porta il telespettatore - o utente che dir si voglia - a un progetto compiuto di occupazione, indotto e prodotto interno lordo. Ed è per questo che la municipalità di Napoli tributa a Giovanni Minoli, il padre di questo miracolo sociale - tutto di pane quotidiano - gli onori della cittadinanza.

L’ordine del giorno nella riunione del consiglio comunale convocato giovedì alle 11 presso il Centro di produzione Rai per il conferimento a Giovanni Minoli della cittadinanza onoraria della città di Napoli ha un preciso sottotesto, presto detto: se Torino ha avuto Vittorio Valletta alla guida della Fiat nell’età d’oro, Napoli - con Giovanni Minoli, e con la storia dei condomini di Palazzo Palladini a Posillipo- già nella trasmissione degli episodi dal centro di produzione Rai mette in circolo l’economia.

Il servizio al pubblico, nella pratica quotidiana di un ormai collaudato modello produttivo, garantisce posti di lavoro, commercio e l’operosità propria di una strategia imprenditoriale innovativa: la partecipazione degli abbonati Rai agli utili di un’azienda altrettanto industria quanto può esserla quella di una manifattura.
Un pretesto di dottrina sociale in palinsesto, dunque. Ecco dov’è il senso della pensata di Minoli. E quindi non tornitori ma sceneggiatori, non i motori ma gli attori, non una catena di montaggio ma un concatenarsi di destini coerenti a una città-mondo qual è Napoli, serbatoio inesauribile del materiale e dell’immaginario.

IL RACCONTO DEI RACCONTI

Nell’intricata vicenda di un condominio emblema del racconto di tutti i racconti, l’audience di numeri sempre alti accosta- nel territorio in cui si realizza - la semina di soldini a beneficio di commercio, ristorazione, ricettività alberghiera, artigianato, tecnologia, formazione e scuola, tanta tantissima scuola di servizio al pubblico.
L’economia che gira sulla spinta di una folgorazione, ecco appunto la forza di Minoli, la cui passione per il mestiere non è precisamente il genere cui siamo stati abituati da vecchi e nuovi fusti del video tutti di passaggio, presto dimenticati.

E qui è ovvia la laudatio di Minoli, in ragione di quei semplici accorgimenti di scaletta, apparentemente facili, che premiamo il suo speciale assolo nella scena a noi contemporanea. Il suo Faccia a faccia, nell’attraversamento in diagonale di intervistatore e intervistato- col faccione di quest’ultimo in primo piano - copiato da tutti, ma proprio tutti, è come La Settimana Enigmistica generatrice di infinite imitazioni. E così con la storia, La Storia siamo noi è lui.

Lui è Elisir, la medicina, perfino Maastricht Italia - un programma di economia- e lui è la mirabile serie delle invenzioni televisive copiate da tutti, ma proprio tutti.
A dispetto dei colleghi aggrappati alla giornata, infatti, lui non porta mai sé stesso - non vende mai “Minoli” - ma il contenuto, il “prodotto”, il “modello produttivo”, proprio il punto all’ordine del giorno nella seduta del consiglio comunale di oggi il cui esito- oltre che economico - è beneaugurale e culturale. Nel dimostrare- miracolo!- tutta la potenzialità del Meridione diventata concreto atto industriale. Sempre attento alle tecnologie, Minoli è uno che s’impossessa dell’oggetto per inventarsi trasmissioni le cui scalette sono nella lesta volta pagina degli argomenti- un continuo cambiare canale.

Mixer su tutti, appunto. L’assoluta novità nel linguaggio con lui irrompe nell’immaginario della società al punto da accompagnare gli italiani sul terreno dell’inesplorato contemporaneo. Manager, autore, scopritore di talenti e dirigente d’azienda, ben prima degli anni Settanta- in quel suo Sessantotto di operosa rivolta - Minoli è il primo, anzi, l’unico a capire il salto mentale tra la rotativa che fascicola la foliazione di un giornale di carta e il mixer, il suo blasone, che costruisce il ritmo della tivù.

Ancor più che giornalista, accuratamente fuori da ogni ordine professionale, Minoli è un televisionista che sa decifrare i presagi, sa introiettare il suo stesso sesto senso sul mondo, sa poi fabbricare - ed è quello che ha sempre saputo fare al meglio - il giusto modo. Quel suo modo tutto di contemporaneità, quel suo modo assolutamente italiano di modernità, quel suo modo di fare servizio pubblico al pubblico come solo sa fare un ragazzo che ha studiato al “Sociale” di Torino, la scuola dei padri gesuiti sotto la Mole: incendiando di passione, dunque, la propria giornata; sfidando sé stesso nella continua cerca di Dio; celebrando l’amore per il prossimo che per lui è proprio il prossimo, l’amico cui togliere la corda dal collo nel momento in cui quello si sta levando di mezzo trovandogli un evviva, uno squillo, un piatto di frutti di mare perché Giovanni, infine, arrivato a Roma per destrutturare la Televisione col T maiuscolo altri non è che il dio Giano, il bifronte, pronto alla pace e alla guerra. E non si finisce di fargli la guerra a Giovanni - mai e poi mai irreggimentabile come un Cyrano de Bergerac - e meno che mai fargli la pace. L’inquietudine, bifronte anche in conseguenza di Apollo e di Dioniso in lui, è il suo segno.

 

 

 

IL PRIVILEGIO

Nato bene, benissimo, Minoli ha uso di mondo e conosce la vita. E questo panegirico, adesso che è meritevole della cittadinanza di Napoli - e dunque suddito del beatissimo Regno delle Due Sicilie - lo celebra in ragione del suo stile di ragazzo bello, intelligente, sempre amato, nonché totalmente invidiato perché la sua speciale natura lo rende irraggiungibile ai cinici e ai frustrati. Due ben precise categorie dell’umano troppo umano, da lui sempre bellamente schifate, quella dei cinici e dei frustrati che sono, per l’appunto, i lacchè del Maligno.

P.S. Sia chi scrive, sia chi dirige questo giornale, e cioè Mario Sechi, hanno avuto la gioia di condividere con Giovanni Minoli un’esperienza straordinaria da sottolineare coi trattini e col punto ammirativo: stra-or-di-na-ri-a! Dal luglio 2013 al 16 giugno 2017 abbiamo vissuto le albe negli studi di Radio24 in piazza Indipendenza a Roma condividendo i microfoni del suo Mix24, realizzando con lui una trasmissione mattutina di due ore fatta di interviste, commenti e Salamini, nel segno di Ettore Petrolini manco a dirlo. Il televisionista, insomma, fece la radiovisione, e con Sechi, chi scrive, ebbe a esperire questo privilegio. Ma cinici e frustrati non restano inoperosi. Senza più Roberto Napoletano alla guida de IlSole24ore - la testata proprietaria della emittente - ne fummo cacciati via ma siccome con Minoli si sa qual è la regola, non sono mai le persone a doversi mettere avanti ma i contenuti, ebbene, licenziandoci, quella volta, fu licenziato il pubblico dei nostri ascoltatori. Giusto per non fare un servizio al pubblico.

 

 

 

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