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Amadeus, Giancarlo Leone: "Lui vive di format, la Rai va avanti anche senza di lui"

Alessandra Menzani
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«Amadeus è un uomo format. Il suo addio non è un danno irreparabile». Giancarlo Leone, ex dirigente Rai, lo dice con il tono affabile e vellutato di sempre, ma intanto ridimensiona il panico generale che si è generato dopo la notizia che il conduttore non rinnoverà il contratto con la Rai per approdare sugli schermi di Nove (gruppo Warner-Discovery).

Leone è stato una colonna Rai dal 1983 al 2006. Ha iniziato occupandosi di Televideo. È stato vicedirettore generale, direttore di Raiuno negli anni del Sanremo di Carlo Conti, direttore di Rai Intrattenimento e Rai Cinema. Oggi è presidente dell’Osservatorio italiano audiovisivo e ad di Q10 Media. Sulle dinamiche televisive pochi ne sanno quanto lui. La Rai dice che andrà avanti anche senza Amadeus, nonostante i cinque anni gloriosi a Sanremo. Dice che tanti se ne sono andati e poi sono pure tornati.

 

 

 

Cosa pensa?
«L’addio di Amadeus è stato un danno. Sì. È un numero uno della tv, ma non dimentichiamo che lui vive di format, come Carlo Conti, Paolo Bonolis e Antonella Clerici. Ci sono danni irreparabili e riparabili. Il suo addio fa parte dei secondi. Perché basta che la Rai trovi un sostituto della trasmissione Affari tuoi come lo aveva trovato per l’Eredità che poi è stato condotto egregiamente anche da altri (Conti, Frizzi, Liorni ecc)».
Quindi quali addii mette nella categoria “danni irreparabili”?
«Lo è stato Fabio Fazio, lo sarebbe Fiorello che però lavora sempre a progetto. O Roberto Benigni: sono loro il programma, il brand. Gli altri lavorano nei programmi».
Però gli ascolti che Amadeus ha fatto a Sanremo altri se li sognano.
«Ha fatto una straordinaria operazione, ma il trionfo moderno del Festival di Sanremo è stato possibile grazie a tre passaggi chiave. Primo: Paolo Bonolis nel 2005 che lo ha fatto ritornare glamour. Secondo: Carlo Conti che ha condotto tre edizioni di grande ritmo e crescita, con un modello sintetico e veloce. Terzo: Amadeus, che si è allungato fino alle due di notte aumentando giocoforza lo share. Non dimentico le edizioni di Fabio Fazio e Gianni Morandi, ma le tappe sono state tre».
E quindi, dopo, chi piazzerebbe?
«Non parlerei di nomi, ma di formule. Chiusura a mezzanotte e mezzo invece delle due di notte, 20 cantanti al posto di 30. Punterei al numero di telespettatori: se il programma è più corto, si alzano. Rimetterei il Dopofestival per avere una copertura pubblicitaria fino tarda notte. L’altra strada sarebbe consolidare il percorso di Amadeus ma eviterei per non incappare nei gorghi mediatici del flop o non flop».

 

 


Parliamo di politica. L’ex direttore generale Rai Agostino Saccà sulle pagine di Libero ha affermato che la Rai è stata indebolita dalla politica (riforma Renzi) e che ora ha poche risorse per essere competitiva sul mercato. Concorda?
«La Rai ha un problema enorme: la riforma scellerata che Renzi ha fatto con il suo governo, che ha ridotto i compensi e fissato dei tetti, creando un sistema di controllo pubblico in cui il governo è azionista e il parlamento indica i consiglieri. Tutto questo ha rafforzato il controllo politico. Dunque la responsabilità politica è di tutti. Questo governo c’è da due anni, ha ereditato problemi antichi ma potrebbe intervenire. La Rai va curata».
Andrebbe alzato il canone?
«È tra i piu bassi d’Europa. Renzi l’ha abbassato da 110 euro a 90, dando una quota al governo. Questo esecutivo lo ha abbassato ulteriormente. Sono usciti 400 milioni che possono essere redistribuiti, oppure no, con la finanziaria. Questo fatto che la politica può decidere o meno di riattribuire risorse è uno schiaffo che rafforza ancora di più il potere nelle mani dei politici. Insomma, serve una riforma. Non dimentichiamo cosa è successo nel 2010».
Cosa è successo?
«Fino a quel giorno, la Rai era una Spa e aveva vissuto benissimo poi ha cambiato la sua natura giuridica. Ora è un organismo pubblico: questo laccio costringe la Rai a delle regole come se fosse un ministero, per esempio in tema di appalti. Questo è il grande vulnus della Rai. In questo modo competere è difficile, se non impossibile».
Ora cosa dovrebbe fare la Rai post Amadeus?
«Da una parte deve rafforzare la panchina, diventata più corta, dall’altra deve avere i prodotti i giusti, investire sui format forti, che funzionano, e qui entra in gioco il tema industriale».
Si parla di pressioni per piazzare tizio e caio a Sanremo. Lei quando era all’apice della tv di Stato ha ricevuto seccature dalla politica? Saccà ci ha detto a lui non è mai successo...
«Ho ricevuto pressioni. Da vicedirettore generale ne ho ricevute. E anche quando ero direttore di Raiuno e di Rai Cinema. Posso dire che la politica rispetta chi si fa rispettare. Certo che si aspetta favori, bisogna avere la forza di imporsi e dire no. E soprattutto è fondamentale che chi è arrivato a ruoli dirigenziali sia lì non perché lo ha chiesto a un potente».

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