«Ma io ne ho compiuti 20+20+20+20!». Massimo Boldi è il Cipollino di sempre e passare ieri un po’ di tempo con lui nel giorno del suo 80esimo genetliaco è uno spasso. Perché tutte le volte che prova a dire qualcosa di serio, e lui sa esser anche serio, ci vengono in mente i troppi flash della sua intensa carriera di saltimbanco. Troppe volte lo ricordiamo in un programma tv degli anni ’80, su un palco con Teocoli, in un cinepanettone con Christian De Sica. Un flusso lungo 60 anni durante i quali ha divertito e si è divertito molto essendo un personaggio-clown transgenerazionale che è piaciuto a tutti.
Boldi, lei ha un rimpianto nella sua vita?
«Sì, e grosso. Non essere nato Ringo Starr. Ero batterista negli anni ’60, prima del Derby e mi esibivo in un gruppo che si chiamava La pattuglia azzurra dove il cantante era un rotondetto romano, paffutello e sbruffoncello: Christian De Sica».
Come cantava?
«Come oggi, roba di Sinatra che adorava».
Come sta vivendo questo compleanno un po’ speciale? 80 anni sono un bel porto nel quale attraccare.
«Temevo con una punta di malinconia, invece si è trasformato in una gioia. Merito delle mie figlie che mi hanno organizzato una festa a sorpresa con 200 persone».
Qualche nome di amici presenti?
«Cochi e Renato, altri mi hanno fatto gli auguri da lontano: Teo da Ibiza, Diego da Rimini».
Massimo, quanto è stato difficile il mestiere di comico dagli anni 70 a oggi?
«Complicatissimo. Per far piangere basta raccontare drammi, muovere la lacrima. Invece inventare gag che facciano sempre ridere è come scalare Everest. Un comico che non fa ridere è patetico».
Si ricorda la prima risata che ha suscitato?
«A scuola, ero un mago a raccontare le barzellette. Rideva l’intera classe. Dopo è venuto tutto facile anche se all’inizio sognavo veramente di fare il batterista. Perché i batteristi suonano e cuccano».
Lei si è formato al Derby: su quel palco magico è passato dai piatti e dai tamburi a recitare.
«Molto merito va a quel genio di Enzo Jannacci. Noi eravamo gli attori con talento, lui il nostro Fellini. Il regista di tutto. Molti comici glieli ho presentati io».
L’incontro decisivo? Con Teocoli?
«Come Christian, anche Teo cantava. Poi ci siamo voluti bene e abbiamo formato un bella coppia. Litigavamo in camerino per i cachet ma facevamo ridere tutti in tv».
Quando chiuse il Derby lei si trovò a spasso.
«Feci qualunque lavoro. L’autista per un nobile e anche il lattaio in un bar».
Vero che, nel 1974, Raffaella Carrà non la voleva a Canzonissima? Quella che portò al successo Cochi e Renato?
«Non mi conosceva, diceva: ma chi è quello lì? Dopo qualche puntata ha capito tutto».
Ricomparse ne Il ragazzo di campagna proprio con Pozzetto.
«Il primo film di successo con Renato fu però un altro: Letto a tre piazze».
Lei è stato frai pochi a essere presente al recente compleanno di Pozzetto.
«Non potevo assolutamente mancare perché è come un fratello, gli voglio molto bene sin dai tempi belli del Derby».
Negli anni ’80 con Teocoli eravate un duo che spopolava in tv, AntennaTre Lombardia e, poi, nelle reti Fininvest.
«Una coppia complementare. Teo ha un carattere particolare, mi mollava certi schiaffoni in scena ma funzionavamo. Lui faceva il cantante spagnolo e io quello che gli rovinava le scene. Abbiamo fatto un sacco di serate e la gente ci amava».
Poi ricomparve Christian De Sica.
«E nacquero i cinepanettoni che non piacevano ai critici ma tanto alla gente. In 20 anni abbiamo portato in sala 30 milioni di persone alla faccia della crisi del cinema e dei film prodotti, girati e che manco vanno in sala».
Poi la rottura con De Sica e tutti a credere che avevate litigato, come Dean Martin e Jerry Lewis.
«Esigenze contrattuali diverse. Siamo amici da sempre e per sempre».
Tornerete insieme?
«Non penso».
Berlusconi è stato l’uomo della sua vita?
«Mi ha fatto sempre fatto lavorare, gli ero simpatico. L’ho adorato, anche come chansonnier. Come cantava lui Aznavour, non ho più sentito nessuno».
E la donne della sua vita?
«Mia moglie Maria Teresa, scomparsa nel 2004. Senza, sono inciampato qualche volta.
Mi guidava come una Ferrari».
A proposito di donne, cosa pensa della Meloni?
«Mi piace molto. Come persona e come politica. Vale».
E della Schlein?
«Diciamo che in un cinepanettone non farebbe molto ridere».
Max Giusti la cita sempre quando imita Aurelio De Laurentis: è una presa per i fondelli?
«Macchè, è bravissimo. E imita bene Aurelio».
Il fiore all’occhiello che si mette sullo smoking per questi 80 anni?
«Mi piace pensare di essere ancora un ventenne per davvero. Ripeto, mi spiace non essere stato Ringo Starr o anche uno dei grandi batteristi inglesi che furoreggiavano negli anni ’60. Però...».
Però?
«In un film che ho amato molto dal titolo A spasso nel tempo, grazioso e anche originale, ho interpretato proprio Ringo. Io e Christian eravamo stati proiettati negli anni ’60 e io suonavo con Paul, John e George. In un un film sono stato Ringo Starr anch’io!».
Altro vanto?
«Quello di essere sempre stato amato dai bambini. Forse perché sono anch’io un bambino ormai ottuagenario».
Nel 1996 lei ha girato l’unica parte drammatica per Pupi Avati in Festival. Un’occasione curiosa?
«È stata una bella esperienza che ha mostrato l’altro volto di Boldi. Un ruolo tragico che non avrei ma pensa di interpretare. Devo dire grazie a Pupi».
E cosa farà da grande?
«Stiamo pensando a Yuppies 3 con Calà e Greggio. Ma senza Christian». Augurissimi, Cipollino nostro.