Pensavamo che l’ondata giustizialista del MeToo si fosse ammosciata, almeno in Italia, dopo aver notato due segnali: il ritorno del concorso di Miss Italia in Rai e la fine della body positivity con il ritorno delle modelle magre. Invece l’onda è lunga, non arretra, lascia il segno almeno a livello linguistico. Sia il Festival del Cinema di Venezia (da mercoledì 27 agosto 2025 a martedì 9 settembre 2025) sia il Torino Film Festival, infatti, aboliscono la parola “madrina” per definire la figura femminile scelta come primadonna della kermesse, rispettivamente Emanuela Fanelli a Venezia e Laura Chiatti a Torino.
Ora si chiamano “conduttrici”: presentano la serata di apertura e quella di chiusura. “Madrina” evidentemente è considerato un insulto, tipo “valletta”, che ormai se lo usi chiamano la polizia morale. La Fanelli, attrice strepitosa dotata di grandissimo senso dell’umorismo (mitiche le sue prove in almeno tre occasioni: la serie Call My Agent, il film di Paola Cortellesi C’è ancora domani e la commedia Follemente) aveva commentato l’investitura con spirito: «Ebbene sì, sarò io la conduttrice dell’82esima Mostra del Cinema di Venezia. A quanto ho capito, da quest’anno il ruolo non si chiamerà più “madrina” forse perché, scegliendo me, temevano potessi approfittare del gancio per accompagnare la notizia con “disponibile anche per battesimi e cresime”. Spiace, un’occasione d’avanguardia umoristica mancata. Ringrazio di cuore la Biennale per la fiducia».
Gabriella Greison, la fisica col vestito scollato: insulti e vergogna
Forti critiche nei confronti di Gabriella Greison, fisica, scrittrice e divulgatrice. Il motivo? L'abito che ha scel...Benissimo. Dopo Venezia, anche Torino sceglie di comunicare la scelta dell’attrice Laura Chiatti definendola allo stesso modo. Sul palco del Teatro Regio di Torino l’attrice, lanciata nel cinema da Paolo Sorrentino grazie al film Le conseguenze dell’amore, presenterà con il direttore della rassegna Giulio Base la serata di apertura e chiusura, rispettivamente il 21 e 29 novembre. «Non si tratta solo di una questione di forma», gongola Laura Chiatti in un colloquio con il quotidiano La Stampa, «parlare di “conduttrice” anziché di “madrina” sposta l’accento dal ruolo decorativo a quello professionale. La mia professione è quella dell’attrice che in questo caso si presta a offrire il proprio impegno in un’altra veste: è un modo per valorizzare le nostre sfaccettature».
Grazie per avercelo detto, d’ora in poi ai battesimi non sapremo più come definire la figura femminile che ci accompagnerà in chiesa con il nostro neonato, e non vogliamo pensare a come chiamare il “padrino”, ci penseremo. L’altra entusiasmante notizia è che se Sanremo ha abolito grazie a Carlo Conti i monologhi, a Torino non mancheranno. Anticipa Laura Chiatti: «Temo che non mi preparerò un discorso: è più probabile che improvvisi - ammette - non amo stare dentro i limiti di un testo, perché c’è sempre il rischio di apparire impacciata: preferisco essere autentica e lasciare spazio a ciò che in quel momento sento il bisogno di esprimere». Monologhi a parte, la scelta di archiviare il termine “madrina” nel lungo elenco di parole che non si possono più dire perché scorrette, inopportune, svalutanti, sembra una scelta più di forma che di sostanza, modaiola, politicamente corretta. Pensavamo di esserci tolti di torno questi vezzi. Invece no. Chissà quale sarà la scelta della Festa del Cinema di Roma, in scena a ottobre. Magari stupirà.