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Kate Winslet debutta alla regia grazie a suo figlio

di Giampiero De Chiaramercoledì 24 dicembre 2025
Kate Winslet debutta alla regia grazie a suo figlio

2' di lettura

Nuovi registi in arrivo. Il 2025 si chiude con il “salto” dietro la cinepresa di una delle ultime vere grandi dive: Kate Winslet. La Rose di Titanic, ma anche premio Oscar nel 2009 per The Reader, per più di trent’anni (il suo debutto a 19 anni nel 1994 in Creature del cielo di Peter Jackson) si è fatta dirigere da grandi registi (da James Cameron a Woody Allen, da Roman Polanski a Jane Campion, tra i tanti), per poi lei stessa decidere di passare dietro la macchina da presa. Il risultato, gli spettatori italiani, potranno vederlo già oggi su Netflix, grazie al film Goodbye June, prodotto, diretto e interpretato dalla Winslet. Nessun racconto stile Hollywood. La sceneggiatura, tra l’altro, è scritta in casa: è del figlio di Kate, il 21 enne Joe Anders che ha come papà un altro big del cinema come il regista, anch’egli premio Oscar, Sam Mendes (American Beauty, 1917 e due 007 nel suo curriculum).

NEPOTISMO
Il film è un dramma familiare claustrofobico e spietato, ambientato attorno al letto d’ospedale di una madre morente (interpretata da Helen Mirren). E a chi l’ha accusata di nepotismo, la neo regista risponde che una volta letto il copione, non ancora terminato, aveva subito chiesto al figlio di volerlo produrre ricevendo un netto rifiuto. «Era solo un compito per la classe di sceneggiatura», le parole del giovane Anders alla madre per giustificare il suo rifiuto. Un no legato proprio al fatto che la gente avrebbe pensato che quella storia sarebbe diventate una reale sceneggiatura soltanto grazie a cotanta madre. «Gli ho detto che non l’avrei mai fatto se non avessi trovato la sceneggiatura interessante. Ho fatto fatica a convincerlo che non stavo parlando da madre, ma da produttrice», ha chiarito poi la Winslet. Oltre alla Mirren, recitano Toni Collette, Timothy Spall e Andrea Riseborough. Un cast che è anche la forza dello stesso film.

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La trama, autobiografica e ispirata alla morte della nonna paterna dello sceneggiatore, racconta l’aggravarsi della malattia di June (da qui il nome del titolo) con i suoi quattro figli adulti e con un marito incapace di gestire il dolore. Si ritroveranno tutti assieme, venendo travolti da un caos fatto di vecchie rivalità, dinamiche familiari irrisolte, acuite dalla concreta prospettiva della perdita imminente della donna.
Portare un dramma sulla morte e sulle beghe familiari sotto l’albero è un pugno nello stomaco alla retorica dei “buoni sentimenti”. Ma d’altronde, la Winslet non è mai stata una da mezze misure.

Una carriera che poteva essere quella di una tranquilla e placida diva hollywoodiana dopo il successo mondiale di Titanic, ma che invece lei, originaria dell’Inghilterra del sud, ha sempre rifiutato o non abbracciato del tutto. L’attrice, infatti, ha alternato film più convenzionali a cult d’autore. Se il buongiorno si vede dal mattino, la carriera da regista di Kate Winslet promette di essere un po’ come è stata la sua carriera di interprete: anticonformista, intensa e molto britannica. Di sicuro successo.