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Antonino Cannavacciuolo, il giorno più duro col padre: "Perderai tutto"

giovedì 25 dicembre 2025
Antonino Cannavacciuolo, il giorno più duro col padre: "Perderai tutto"

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Disciplina, sacrificio, lavoro come unica misura del tempo. Nell’intervista rilasciata a Gianluca Gazzoli per il podcast Passa dal BSMT, Antonino Cannavacciuolo attraversa la propria storia senza costruire un racconto celebrativo: parla di un padre severo, di una scelta osteggiata, di anni vissuti senza tregua, della paura di non reggere e di una determinazione che non ha mai lasciato spazio al piano B. A tornare, come un filo rosso, è una lezione imparata presto e mai dimenticata: "Quando gli altri festeggiano, tu lavori".

Ai microfoni del podcast lo chef parte da Napoli e da una famiglia in cui la cucina non era un sogno, ma una fatica ben conosciuta. Il padre, insegnante all’alberghiero, cercò in ogni modo di dissuaderlo. "Quando gli dissi che volevo fare il cuoco, mi rispose: "Fai qualsiasi cosa, ma non il cuoco". Mi spiegò che avrei perso la famiglia, le feste, il sabato e la domenica. Mi disse: "Prendi un pennarello nero e colora di nero anche le giornate rosse sul calendario. Non ci sono vacanze, quando gli altri festeggiano, tu lavori"".

Il rifiuto iniziale fu netto. "Mio padre mi girava alla larga, non accettava che andassi all’alberghiero. Poi ha visto che volevo davvero, volevo, volevo. E allora ha detto: "Vai!"" Cannavacciuolo aveva solo 13 anni, studiava e lavorava già, con addosso una pressione costante. "Mio padre andava dai miei professori e diceva: "Dovete far cambiare idea a mio figlio"". Accanto a lui, una madre più incline a sostenere che a frenare.

L’approvazione del padre non arriverà mai in modo diretto. Quando Antonino gli porta il primo articolo importante, la reazione è asciutta. "Il primo articolo importante lo portai a Napoli. Lui lo lesse tutto, cinque o sei pagine, poi mi disse solo: "Se è vero quello che c’è scritto, ci deve essere un seguito"". Una durezza che oggi lo chef riconosce come decisiva. "Quella cosa lì è stata la mia benzina. Ha funzionato, hai visto?".

Villa Crespi entra nella sua vita senza un vero piano. "Non ho deciso io - dice Cannavacciuolo -. Sono quei momenti strani della vita". Sta lavorando sul lago d’Orta quando arriva la proposta di prendere in gestione la villa appena chiusa. Il primo pensiero è diffidente. "Ho pensato subito: dov’è la fregatura?".

La risposta è nei conti: affitti anticipati, inverni senza incassi, una struttura enorme da sostenere. Antonino e Cinzia accettano comunque. "A gennaio giocavamo alle tre carte – racconta - ad agosto lavoravamo bene, ma quando arrivava febbraio servivano tutti i santi".

Il riconoscimento arriva con le guide. Prima Gambero Rosso, poi Michelin. Alla notizia delle Tre Forchette reagisce d’istinto. "Ho attaccato il telefono". Da lì l’accelerazione è costante, ma una certezza non cambia mai. "Il pensiero di non farcela non c’è mai stato. Non l’ho mai contemplato".