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Veronica Gentili: "Centrodestra favorito? Sì ma...", cosa può succedere

Salvatore Dama
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Accendi la tv ad agosto, metti Retequattro e ci trovi lei: Veronica Gentili. Altre trasmissioni di approfondimento politico hanno preso uno stop per tornare a settembre. Controcorrente no, è andata avanti. Così la conduttrice è rimasta in città, con la sua squadra, con i gatti Stipsi e Palmiro.

Hai rinunciato alle vacanze per raccontare la campagna elettorale più strana della storia. Fatica?
«Sorrido quando arrivano i politici in trasmissione e si lamentano per questa campagna elettorale estiva. Io rispondo: "Ma lo dite proprio a me?!". Che poi, sono sempre andata in onda d'estate e, devo dire, ne ho viste già di tutti i colori».

Meglio quando i politici si facevano 50 giorni di ferie.
«Dire che l'estate sia un periodo tranquillo per l'informazione politica è un luogo comune. Tutto è un po' cambiato. Dall'anno del Papeete e del crollo del governo gialloverde. Agosto è diventato un mese impegnativo. Ma c'è anche il rovescio della medaglia».

Tipo?
«Essere in onda quando succedono queste cose e poterle raccontare è un privilegio. Vero: è un'anomalia lavorare con 40 gradi, si muore, ma ho rinunciato volentieri anche a quei pochi giorni di ferie che avevo. Ed eccomi qui».

Il pubblico è interessato o se ne frega?
«C'è molto interesse. Nel senso: la fine del governo di unità nazionale ha tolto la sordina allo scontro tra i partiti. Ora è ripartito il teatrino e questo genera un po' di insofferenza nell'elettorato. Però le persone hanno anche la consapevolezza dell'importanza del voto del 25 settembre. Chi vince si troverà a gestire questioni molto complesse che impattano sulla vita reale. La casa, le bollette, i prezzi, la pandemia che resta un'incognita e incide sul lavoro, sulla scuola. Insomma, problemi concreti».

Il centrodestra ha già vinto le elezioni?
«Sulla carta. Ma bisogna capire come sarà distribuito il consenso. Il voto determinerà nel centrodestra nuovi equilibri e nuovi rapporti di forza. Che succede se una lista stravince e le altre si ridimensionano troppo? Questi anni ci hanno insegnato che non ci sono certezze. Si è parlato di un "patto anti-inciucio", proposto non a caso da Fratelli d'Italia, ma è rimasto sulla carta».

Meloni è forte nei sondaggi, ma governare in piena crisi economica-energetica non è facile. In più, i suoi alleati non la amano.
«I distinguo ci sono, anche se ora sono stati sapientemente messi da parte. Ma dopo? I leader torneranno a marcare le differenze? Il centrodestra non è invincibile e lo abbiamo visto alle ultime Amministrative. Spesso i singoli partiti si perdono dietro al desiderio di primeggiare e alle gelosie verso gli alleati. Lega e Forza Italia sono più affini, FdI ha fatto spesso scelte diverse. Bisogna capire se queste differenze si riassorbono o riemergono».

Il consenso è volatile. Ne sanno qualcosa Renzi, Grillo, Salvini.
«Mi colpisce un dato rilevato dalla Ghisleri. Parte dell'elettorato è indeciso tra Meloni e Calenda. Il consenso ha poco a che fare con l'appartenenza politica oramai, è la novità che attira, voti chi ti ispira di più. C'è una forte componente emotiva e tutto è molto labile».

Renzi è un Iphone 8.
«Un attimo sei il leader del momento, l'attimo dopo sei superato, retrò, impopolare. Perciò molti politici hanno fretta di capitalizzare il consenso».

Salvini si è tenuto lontano dal Papeete, ma è destinato a rincorrere l'alleata. Ha fissato un obiettivo minimo: tornare al Viminale. Ce la farà?
«Lì la questione riguarda la componente "governista" dell'elettorato della Lega. Potrebbe punire Salvini? Poi c'è una questione di visibilità».

Si sta polarizzando l'attenzione sul duello Meloni-Letta.
«E gli altri, anche Salvini, finiscono nel cono d'ombra. La scelta di un confronto televisivo tra i due è emblematica. Ed è anche una questione di numeri. I due leader che primeggiano nei sondaggidettano temi e tempi della campagna, chi insegue deve sgomitare».

Berlusconi a 86 anni scopre i social e prova a recuperare consensi sul web. La rivincita dei boomer?
«Lui è stato il re della televisione, ora ha scoperto la potenza dei sociale la sta sfruttando. Forza Italia deve connotarsi e gli spazi sono pochi».

Calenda e Renzi insieme. C'è spazio al centro per tutta questa quantità di ego?
«Renzi ha giocato bene la partita, è il più sgamato. Fa un apparente passo in- -, dietro, ma è stata una scelta intelligente».

Aveva poche alternative.
«Vero, ma ha trovato il sistema più efficace. Calenda vive più nel presente politico, Renzi ha più storia e più visione. Questa scelta di mettersi in regia lo conferma».

Letta ricicla la conventio ad excludendum: mai i fasci a Palazzo Chigi. Una strategia che paga?
«La demonizzazione del nemico è un po' un tic a cui ciclicamente si aggrappa la sinistra. Ma la verità è che la legittimazione di Meloni, come avversario credibile, è arrivata proprio dal Partito democratico in questi anni. La strategia può avere un senso solo in chiave esterna, facendo perno sui temi che spaventano di più i partner europei e internazionali. Dai tempi dell'asse gialloverde si è capito una cosa: se non sei accreditato all'estero, non governi in Italia. Meloni sta facendo tesoro di quella esperienza altrui e si sta comportando di conseguenza».

I Cinquestelle tentano di ricostruire la verginità, ma poi mettono i parenti in lista. Imbarazzo?
«C'è una contraddizione tra l'idea e i singoli. Grillo dice: torniamo essere l'antibiotico per curare la politica. Poi però ci sono i comportamenti non conseguenti che creano un cortocircuito. Però lì la partita è un'altra».

Quale?
«Scavalcare il Pd a sinistra sui temi sociali. Non a caso i dem hanno provato a coprirsi il fianco con candidature più orientate da quel lato».

Crisanti in lista è l'apoteosi della virologia-spettacolo.
«Questo è il loro momento. In passato è successo con i giornalisti, con gli sportivi. Andrea Crisanti fa scalpore perché non è un virologo ortodosso, ha avuto applausi anche da destra».

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