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Salvini "zen" dalla Gruber: perché è tornato in tv a Otto e Mezzo

Fabio Rubini
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Da settimane la Lega è tornata a crescere nei sondaggi, segno che quando il Carroccio è al governo riesce a fare la differenza e a farla passare agli italiani. Cinque ministri più uno - quello dell’Interno, Piantedosi, che il Cencelli assegna comunque in quota Lega - che in questi primi cento giorni non sono stati con le mani in mano. Tanto che l’ultimo sondaggio di Noto, dà il partito nuovamente in doppia cifra al 10% tondo tondo. Poi c’è lui, Matteo Salvini, che dopo un periodo sabbatico speso a girare l’Italia per aprire e ispezionare cantieri, ha deciso di tonare in tv. E lo ha fatto scegliendo una tribuna che non t’aspetti, quella di Otto e Mezzo con Lilli Gruber, conduttrice non proprio accomodante, con la quale in passato Salvini ha avuto più di uno screzio. Eppure Matteo ha scelto proprio una trasmissione “scomoda” per lanciare il nuovo corso comunicativo del Carroccio. Un corso che sembra aver messo da parte polemiche e battaglie verbali con gli avversari e qualche volta anche con gli alleati, preferendo il dialogo a 360 gradi, nel tentativo di smarcarsi dall’esuberanza di Fratelli d’Italia e di qualche suo esponente poco avvezzo alla comunicazione di governo.

SERENO E RILASSATO
Quello che si presenta dalla Gruber, insomma, è un Matteo Salvini “zen”, sorridente, pacifico, che non pare faticare a trattenere l’irritazione anche quando per quasi un minuto Lilli lo incalza per sapere se chiama Giorgia Meloni «il o la premier». Matteo dribbla, sorride e risponde: «La chiamo Giorgia, al massimo presidente», mala Gruber non molla, «guardi che è molto importante saperlo» e lui, come un novello Franco Baresi la butta in tribuna con nonchalance: «Se è così importante ci penserò per bene dopo la trasmissione». E giù una risata. Un canovaccio che accompagna il leader della Lega per tutta la trasmissione, durante la quale la conduttrice non gli da tregua. Matteo ribatte colpo su colpo, senza strafare e senza cadere nella tentazione di innervosirsi. Anche quando è evidente che lui, che di mestiere fa il ministro delle Infrastrutture, vorrebbe parlare di quello e dei «3 miliardi di lavori già calendarizzati per il 2023»; mentre lei, la Gruber, lo tempesta di domande su tutti gli argomenti fuorché quello.

Gli rinfaccia i numeri di sbarchi a gennaio e lui serafico risponde: «Dopo tre anni di nulla con la Lamorgese al Viminale, stiamo rimettendo a posto le cose, ma siamo lì da tre mesi. A primavera vedrete che gli sbarchi diminuiranno». Il menù “forte” della Gruber però è composto da due portate: la giustizia e la guerra. Ed è forse qui che si vede il nuovo Salvini. Perché pur spiegando che Nordio «ha ragione sul limitare la pubblicazione delle intercettazioni», ribadisce che «resteranno anche per i reati spia», ma soprattutto conferma la sua linea secondo la quale «la giustizia va riformata, ma bisogna farlo senza aprire una nuova stagione di scontri tra politica e magistratura. Serve dialogo». Quell stesso che gli fa godere l’autentico capolavoro di aver piazzato un suo uomo ai vertici del Csm. Anche sulla guerra è un Salvini ecumenico che ribadisce «il diritto dell’Ucraina a difendersi da un’invasione ingiustificata», ma che si dice dubbioso «sul fatto che Zelensky trovi il tempo di andare a San Remo»; sul fatto che «al Festival vorrei parlare di musica e non di altro», ma anche che «non faccio io i palinsesti della Rai e non sta a me dire se è una scelta giusta o sbagliata. Lo decideranno i telespettatori».

NEL TEATRO “DI SILVIO”
A conferma della teoria del nuovo corso, non è casuale che Salvini, per radunare sabato pomeriggio dalle 15 tutti i suoi ministri, i capigruppo e il governatore Fontana, abbia scelto il Teatro Manzoni a Milano, che per anni è stato il palcoscenico preferito di Silvio Berlusconi e di Fi. Lui dice che «la federazione non è all’ordine del giorno» e non c’è motivo di dubitarne, ma è altrettanto chiaro che la nuova Lega del nuovo Salvini punta a parlare a quell’elettorato lì, che dopo l’appannamento del berlusconismo è rimasto senza interlocutori e ha deciso in parte di “provare” la Meloni e in parte (maggioritaria) di ingrossare le fila degli astensionisti. È con loro che Salvini vuole rilanciare la Lega.

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