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Serie A, ecco perché l'Inter è da scudetto

Cristina Agostini
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Pensandoci bene, l' Inter ha risposto alla Juventus con la più semplice delle operazioni algebriche: loro hanno preso il 7? Bene, noi ne prendiamo sette. Nessuno di loro è Cristiano Ronaldo, certo monsieur Lapalisse, ma sono sette veri, sette nomi che nulla c' entrano con rientri da prestiti, affarucci dell' ultima ora, soluzioni di seconda o terza mano. Al terzo mercato estivo della sua gestione, il gigante Suning e mister Zhang hanno chiuso a doppia mandata le bocche degli ancora nutriti plotoni degli scettici, molti dei quali regolarmente equipaggiati di sciarpa e fede nerazzurra: lo slalom in stile Ingemar Stenmark tra i paletti del Fair Play Finanziario Uefa ha fatto combinata con la discesa libera in un mercato in cui la Juventus ha scelto il citato all-in, il Milan si è palesato troppo tardi e il Napoli ha fatto molta - probabilmente troppa - ammuina. Oltre a Zhang, si è preso delle grosse rivincite Piero Ausilio, che ha colpito in tutte le direzioni: quella dei fine contratto di valore, ed ecco De Vrij e Asamoah; quella del mercato sudamericano, con Lautaro Martinez; quella del mercato interno con Politano; quella del mercato europeo con Vrsaljko e Keita - già ben collaudati in Italia - e infine nel giardinetto d' oro dei "top player" (o perlomeno così considerati dal mercato) con Radja Nainggolan, che inizialmente si è beccato l' onere-onere del personaggio da copertina di questa estate molto azzurra e poco nera dell' Inter, ma che già è stato sorpassato dal "Toro" Martinez, che ha abbagliato nel precampionato, quel gol di sabato all' Atletico Madrid non è da occasionali. Martinez che si aggiunge a Keita (in doppia cifra nell' ultima stagione alla Lazio), a Politano (10 l' anno passato a Sassuolo), allo stesso Nainggolan (11 nel 2016/17 alla Roma con Spalletti). E soprattutto si aggiunge al capocannoniere del campionato, Mauro Icardi, e al suo partner del cuore, Ivan Perisic, un altro che ha grande feeling con le porte altrui. Ammesso e non concesso che la Beneamata dipendesse dalle lune (quasi sempre buone) del suo capitano, ora Spalletti si trova a disposizione un arsenale offensivo di prim' ordine, e molti saluti agli zero gol dell' esterno offensivo Antonio Candreva dello scorso campionato. Candreva che, con tutto questo ben di dio davanti, potrebbe venire utile da interno, per fare legna in mezzo a Brozovic, completamente rilanciato dal Mondiale dopo la sospirata rinascita in nerazzurro nell' ultima parte della stagione. Se le spiccate caratteristiche offensive di tutto il pack nerazzurro possono rappresentare un potenziale pericolo per gli equilibri di Mister Luciano da Certaldo, ecco una task force difensiva che in mezzo non ha eguali nel panorama italiano: De Vrij e Skriniar sono stati i migliori centrali del campionato e in più - nel caso Spalletti viri deciso sulla difesa a tre - il vecchio lupo Miranda. Sui lati, atavico problema interista, l' ormai affermato Vrsaljko e Asamoah, una specie di polizza di assicurazione, giocatore sottovalutato da molti, ma non da Allegri, che ha salutato a denti stretti la decisione del ghanese di trovare più spazio in un' altra big del campionato. Asamoah che, meglio ricordarlo, può anche e sempre fare benissimo la mezzala in un centrocampo a tre. Pezzi di puzzle variabili e molto colorati, che si intarsiano a un quadro comunque già impostato da tempo, perlomeno da quando Spalletti ha trovato la quadra da primavera in poi. Hai voglia, quindi, a fare i minimalisti: vero che sulla strada c' è anche una Champions League in cui l' Inter non può permettersi di fare la comparsa, ma i requisiti per potere guardare in alto - ma proprio in alto - ci sono tutti. I giocatori, l' allenatore, la società e soprattutto un pubblico che ha già accordato in tempi non sospetti una fiducia totale, un supporto da vecchi tempi. Ah, e se non bastano questioni tecniche e ambientali per credere nello scudetto, i Bauscia scettici sappiano che la Juve non ha mai vinto il titolo in anni con finale 9: con la pazza Inter in ballo, serve anche la cabala. di Andrea Saronni

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