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Liverpool contro Tottenham: così l'Inghilterra è tornata al centro del calcio

Davide Locano
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Che palle, torna la serie A. E sentiamo di non meritarcela, perché abbiamo visto, abbiamo capito: la libidinosa lezione impartitaci da una due giorni drammatica di Champions ci brilla ancora negli occhi e abbiamo il sospetto che lo spettacolo che ci resta ora da osservare sui nostri campi possa regalarci la stessa gioia dell' indossare mutande di carta vetrata. Domani torna il campionato italiano dove si predilige la maniacale occupazione degli spazi, il possesso palla a 50 metri dall' area avversaria e i passaggi all' indietro sperando che si aprano varchi per andare avanti (ma quello è il rugby!), invece di cercare verticalità, ritmo, aggressività sulle palle morte. Invece di cercare la porta. «Gegenpressing», pressione sul portatore di palla, per dirla alla Klopp, un sorriso smagliante e la parolaccia facile che fa tanto figo; ma anche la locura, la pazzia, di Pochettino, allievo di quel matto vero che è Bielsa e che, al 92' di Ajax-Tottenham, urlava ai suoi giocatori con gli occhi fuori dalle orbite di stare «tranquilli», indicando l' orologio, perché «c' è tempo» (mancavano meno di tre minuti...). Klopp-Pochettino, mister finalisti di Champions (zeru tituli in Inghilterra, ma saldamente al loro posto), hanno spiegato all' Europa che il tiki taka è morto. I nostri tecnici provano ancora a rivisitarlo ma nel football che conta, che piace, che funziona, si parla un' altra lingua: un inglese con sfumature di olandese che possiedono la stessa radice di aggressività, ricerca del risultato tramite la fisiologica necessità di andare a rete. Si dirà che se l' Ajax avesse affrontato con piglio più italiano il finale di partita oggi sarebbe al posto degli Spurs. Tuttavia, i "se" sono stati azzerati dalla manona pigliatutto del calcio inglese. In Inghilterra stanno raccogliendo i frutti di una gestione del calcio manageriale e non improvvisata sui sentiment del momento, né tantomeno affidata ai politici di turno (qua scontiamo ancora la sciagurata Legge Melandri). In questo slot di tre anni, fino al 2019, sono circa 3 i miliardi di euro complessivi a stagione di diritti tv finiti nelle casse dei club di Premier, con il nuovo contratto fino al 2022 che si attesta a poco meno. Il tutto con uniformità di distribuzione, per creare il minor scalino fra la vetta e il fondo. Secondo il Telegraph, ad esempio, chi vince questa Premier si garantirà ricavi dai soli diritti tv esteri per 75 milioni di euro contro i 49 di chi chiude ultimo: un rapporto di 1,5:1, ottimo. Ora, questa ricchezza è stata stata investita nel modo migliore (il Tottenham ha speso un miliardo per rifare lo stadio) per coltivare un' idea di calcio che riempia sempre le tribune e invogli a tornare a tifare. A volte anche al di là del risultato stesso. Dele Alli, Eriksen, Trippier, Lucas: atletismo con grande tecnica applicata alla velocità di esecuzione. E gli stessi di Origi e Wijnaldum, eroi di Liverpool, sono maestri di incostanza che in Italia sarebbero contestati (Origi quest' anno è stato titolare solo 6 volte prima della partita col Barça). Ma forse, la magia del calcio inglese è quella di saper infondere a tutti senso di appartenenza, la capacità di dare il meglio quando c' è da giocare veramente forte e far ruggire i propri tifosi. Per capirci, martedì nel Liverpool erano in campo 5 britannici, mercoledì nel Tottenham solo 3: vi sono parse per questo due squadre meno "bastarde", meno "inglesi"? di Tommaso Lorenzini

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