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Antonio Cabrini e l'Italia femminile: "Ero il bell'Antonio ma con le donne ho fatto fatica"

Giulio Bucchi
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Antonio Cabrini, 61 anni, ex ct della Nazionale femminile dal 2012 al 2017, conosce bene, benissimo, le azzurre di Milena Bertolini - è quasi la stessa rosa che portò agli Europei del 2017 - e non se ne perde una partita. «Sto seguendo il Mondiale e il percorso dell' Italia. Sono fiero delle mie ragazze, possono raggiungere qualsiasi risultato», spiega l' ex difensore di Juve e Atalanta che lascia trasparire una certa emozione, come se il quarto di finale raggiunto dalle italiane contro i Paesi Bassi (domani alle 15, diretta Rai e Sky) fosse in parte anche merito del lavoro svolto da lui negli anni precedenti. Le azzurre incontreranno ai quarti proprio quell' Olanda che nel 2015 non le ha permesso di qualificarvi al Mondiale...  «È una ferita che brucia ancora, bastava pochissimo per passare. All' Aja abbiamo pareggiato (1-1) poi in casa Vivianne Miedema ci ha punito ancora (2-1). Ci sarà anche lei domani ma con Bartoli, Linari, Gama e Guagni in difesa la vedo dura per le olandesi. Le ragazze dopo quattro anni possono giocarsi la rivincita». In questi giorni ha sentito le sue ex giocatrici per congratularsi con loro?  «No, perché non mi sembra il momento ideale e poi loro sanno come la penso. Hanno i mezzi per raggiungere qualsiasi risultato». Chi trova più migliorata?  «Bonansea è cresciuta in maniera esponenziale. Quando l' ho portata in Nazionale nel 2012 si diceva che fosse acerba ma io le ho dato fiducia e ora le aspettative sono state ricambiate. Bartoli è la pedina che non toglierei mai, la chiamano Ringhio proprio perché non molla mai. Lo stesso discorso vale per Alia Guagni, che sta dando tanto in termini di esperienza». In porta ci invidiano tutti Laura Giuliani.  «E fanno bene! La vedo molto più tranquilla, più convinta delle proprie qualità, quando la allenavo era una che pativa le proprie prestazioni, chideva sempre scusa dopo uno sbaglio, ora invece se la prende meno con se stessa». Pensa che ai tempi avreste potuto togliervi qualche soddifazione in più?  «Non ho rimpianti, a queste ragazze ho dato tutto. Agli Europei del 2013 siamo arrivati fino ai quarti. Nel 2015 non siamo riusciti a qualificarci al Mondiale per un soffio nello spareggio finale con l' Olanda. Poi c' è stato l' Europeo 2017 dove siamo riusciti a qualificarci. Forse la gente se lo dimentica ma siamo capitati in un girone di ferro con Germania, Svezia e Russia, con le prime due che erano state finaliste l' anno prima ai Giochi olimpici. Abbiamo dato un' impronta significativa al movimento e messo i mattoni per quello che sta succedendo ora». In che modo si sente responsabile?  «Oltre a essere ct ero capo progetto per la crescita del calcio femminile della Federazione, il cui obiettivo era creare una cultura nelle società sportive. Eravamo intenzionati a fare crescre il movimento a 360°. Senza contare che abbiamo alzato la quota di rimborso spese in Nazionale da 50 a 70 euro al giorno». E cosa è cambiato da allora?  «Sono state integrate le squadre femminili in quelle maschili e questo ha permesso di fare il salto di qualità a livello tecnico, medico e strutturale. Quando allenavo io c' erano ragazze che giocavano in squadre allo stato "brado". Tant' è che indirizzavo le azzurre verso la Juve, che è un ambiente in cui sapevo che sarebbero cresciute. Ai tempi la Federazione non riusciva a concretizzare il progetto per quello me ne sono andato. Dopo sono subentrate le persone giuste (Gravina e Fabbricini) e sono arrivati i risultati». Se in futuro le proponessero la panchina di una squadra femminile?  «Ci penserei, mentre per un club maschile accetterei subito». Come mai?  «Le donne sono complicate, quando prendi una scelta devi dare mille spiegazioni. Devi gestirle a livello tecnico, tattico e mentale mentre gli uomini sono dei pecoroni. Diciamo che è stato più facile conquistarle fuori dal campo». di Mariachiara Rossi

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