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Kobe Bryant, il ricordo di Claudio Sabatini a Libero: "Era tutto fatto per portarlo alla Virtus Bologna"

Gabriele Galluccio
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È proprio vero, i sogni svaniscono all'alba. Soprattutto se quei sogni sono iniziati in una notte di fine estate e, di mezzo, non c'è una stella cadente ma una grande star del basket Nba. Una stella che, nella storia che andiamo a raccontare, è un faraone assoluto del suo sport: Kobe Bryant, il Black Mamba, l'eroe giovane rapito in cielo, domenica, da invidiosi e maligni dèi. Proprio come accadeva nell'antica Grecia. Premessa onirica ma doverosa per ricordare una delle più grandi occasioni perse, 9 anni fa, dal nostro sport: quello di veder giocare Bryant con la maglia della Virtus Bologna. Sì, proprio così: nell'autunno del 2011 il Campionissimo, leggenda dei Lakers e vincitore di cinque anelli con la franchigia di Los Angeles, rischiò davvero di giocare in Italia con i colori della Juventus della pallacanestro. Club che, sotto la guida del dinamico presidente Claudio Sabatini, all'epoca sprigionava progetti futuristici. Come era quello di mettere sotto contratto Bryant sfruttando un escamotage unico: il lockout, lo sciopero, dei giocatori Nba. Per ricordare quell'incredibile operazione che avrebbe portato, anzi riportato Kobe in Italia, paese dove aveva vissuto dai 6 ai 14 anni visto visto che papà Joe aveva giocato a Pistoia, Reggio Emilia, Reggio Calabria e Rieti, abbiamo rintracciato Claudio Sabatini. L'adrenalinico regista di quel progetto sfumato in extremis. Dottor Sabatini, in quale contesto nacque l'idea di proporre al Black Mamba un'esperienza in Italia? Nel 2011 Bryant aveva 31 anni, era al culmine della carriera. «Andiamo con ordine: nel settembre di quell'anno iniziò una delle più clamorose serrate dello sport professionistico americano. I giocatori Nba entrarono in conflitto con la Lega e scioperarono. Paralizzarono il campionato per un mese e mezzo. Una situazione già vista nel baseball, mai nel basket». Come le si accese la lampadina Bryant? «Per puro caso. Mica ci pensavo... Un giorno Lauro Bon, ex giocatore della Virtus, mi disse: pres, perché non prova a prendere Bryant fino al termine dello lockout? Io lo guardai: Lauro, dici sul serio? Rispose: ho un amico che conosce il suo agente, Rob Pelinka...». Sarebbe come chiedere, oggi, a Lewis Hamilton di gareggiare in una gara amatoriale di kart... «Esatto. Inviai una mail a Pelinka per presentare il nostro progetto». La risposta? «Rob fu cortese e incoraggiante: parliamone, disse... Iniziò così una delle trattative più incredibili che abbia fatto nella mia carriera di dirigente e imprenditore. Durò due mesi». L'emozionava l'immagine di Kobe in maglia Virtus? «Beh, faccia lei... La prima idea era quella di averlo a disposizione per una ventina di giorni per quattro gare di campionato nei palasport più degni del suo talento: a Bologna, Milano, Roma e Torino. Quattro sold-out sicuri, quattro partite da trasmettere in tv. Un messaggio promozionale unico per il basket». Bryant e il suo agente come replicarono? «Erano interessati. I problemi venivano dal fatto che per mettere in piedi queste sfide in date prestabilite si sarebbe dovuto stravolgere il calendario del campionato. Però avevo già un'alternativa. La disponibilità di Kobe andava sfruttata». Non c'erano altri ostacoli dovuti all'ingaggio di Bryant? Divieti dell'Nba? «No. Avevamo pianificato tutto e gli sponsor interessati a coprire le spese c' erano. Inoltre l'Nba, con il campionato fermo, aveva lasciato i giocatori liberi. Così andai avanti con l'idea alternativa che piacque a Kobe, uomo Nike: due partite sole, una a Bologna e una Londra. Due grandi esibizioni da organizzare in pochi giorni». Vero che lei scrisse anche una lettera al presidente americano Barack Obama? «Sì, una mail che chiedeva: Signor Presidente, abbiamo un sogno: quello di vedere Bryant giocare nella Virtus Bologna, città conosciuta in tutto il mondo come Basket City. Condividiamo con Lei il desiderio che il lockout Nba finisca presto, nel frattempo ci conceda l'opportunità di veder giocare Kobe con la maglia Virtus per farlo diventare parte della nostra storia». Il sogno stava diventando realtà. Dichiarò Bryant: "Io in Italia? Ne stiamo parlando, è molto possibile". «Con la spada di Damocle dell'ipotetica interruzione dello sciopero, definimmo l'accordo e inviammo il contratto a Pelinka. Prenotammo anche l'aereo privato che avrebbe portato Bryant in Europa. Parlai con Kobe il giorno prima, era praticamente fatta». E invece? «Il sognò sfumò. Poche ore dopo, l'Nba annunciò il tanto sospirato accordo con i giocatori, lo sciopero si interruppe il 26 novembre e la stagione prese regolarmente il via. Bryant rimase a Los Angeles». Come ricorda Kobe? «Una persona molto gentile, cortese, non se la tirava affatto. Parlava un italiano ottimo per via dell'infanzia qui da noi. Quando ho saputo della disgrazia, domenica sera, sono rimasto di sasso. E ho subito ripensato a quel sogno di una notte di fine estate. E al brusco risveglio». di Leonardo Iannacci

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