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Coronavirus, Bruno Pizzul bacchetta la serie A: "Come ai tempi dell'Asiatica. A Juve-Inter preferisco Lazio e Atalanta"

Francesco Perugini
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Domani, nel giorno di Juventus-Inter, compirà 82 anni. Eppure Bruno Pizzul giorni così caotici come gli ultimi vissuti dal nostro calcio fatica a ricordarne. «È stata una settimana "intensa"», dice con un sorriso il decano dei telecronisti italiani, voce dell'Italia dal 1986 al 2002. «Abbiamo fatto confusione e questo è grave perché il calcio è solo un aspetto secondario rispetto alla salute».

Qual è stato l'errore del nostro pallone?
«La Lega di Serie A ha fatto scelte discutibili, soprattutto in termini di tempestività. Se avessero trattato tutte le squadre allo stesso modo non si sarebbe creata questa frattura nel calendario. La situazione va ricomponendosi, ma non ci sono buchi per la Coppa Italia. Tutta la comunicazione del problema è stata carente anche a livello istituzionale: balliamo ancora tra il panico e chi parla di una "banale influenza"».

Solo pochi giorni fa, infatti, la "sua" Regione Friuli-Venezia Giulia spingeva per il posticipo di Udinese-Fiorentina a porte aperte...
«Quello è stato davvero clamoroso, per non dire comico. Ci sono dei casi acclarati, anche la nostra è diventata una zona gialla e si è tornati indietro. Nel frattempo, però, il Pordenone ha giocato alla Dacia Arena col pubblico contro la Juve Stabia. Sono Leghe differenti, ma non si può andare ognuno per la sua strada».

Juve-Inter si giocherà a porte chiuse, come previsto una settimana fa. Il caos è colpa dei bianconeri?
«La Juve non voleva perdere il vantaggio del pubblico di casa e da lì è cominciato tutto. E la scusa dell'immagine estera del nostro calcio mi sembra fragile. Poi la reazione dell' Inter è stata smodata, anche nei toni. Bisognerebbe evitare certe uscite per questioni di normale educazione. Ha ragione Jurgen Klopp: dovremmo stare tutti un po' più zitti».

Chi beneficerà di più della settimana di riposo?
«Non faccio pronostici, dico che per l'Inter è una sorta di ultima spiaggia in chiave-scudetto. Alla fine potrebbe approfittarne proprio la Lazio. Ecco, dico questo: se si vuole vendere meglio la Serie A all'estero non contano chiuse o aperte, ma bisogna trasmettere più partite dei biancocelesti e dell'Atalanta. Sono le uniche che divertono».

A proposito della squadra di Inzaghi, le ricorda più quella di Maestrelli o quella di Eriksson?
«Quella del '74, con un gruppo di giocatori "vivace" (ride, ndr) che giocava bene. Il secondo scudetto è stato meritatissimo, ma è maturato in circostanze avventurose».

Qual è il segreto della favola Atalanta?
«Danno la sensazione di divertirsi mentre giocano. Gasperini non chiede un'applicazione maniacale degli schemi e dei movimenti ai tre-quattro giocatori liberi di inventare».

Il Milan invece è pronto a masticare le sue ultime bandiere, Boban e Maldini. Se lo aspettava?
«È quello che è successo anche alla Roma con Totti e De Rossi. È clamoroso vedere un simbolo come Maldini rischiare un altro addio traumatico ai suoi colori dopo quello da giocatore, senza un vero saluto e i fischi dalla curva».

Nella sua lunga carriera ricorda di aver vissuto giorni come questi?
«Ai tempi dell'Asiatica i rischi erano analoghi, solo che oggi è cambiato il modo di comunicare. All'estero abbiamo fatto la figura degli untori, mentre ora anche gli altri Paesi iniziano a prendere coscienza del problema. Di certo, in uno stadio pieno non basta dire ai calciatori di non darsi la mano per evitare nuovi contagi».

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