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Alex Zanardi parla. "Nessuno ci credeva", l'ultima sorpresa dell'uomo dei miracoli

Tommaso Lorenzini
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 Il dottor Claudio Costa di piloti, uomini, ragazzi, ne ha raccolti tanti da terra: molti di loro a pezzi, letteralmente, li ha incollati, ricostruiti, forse prima nella testa che nel fisico, per poi rimetterli in piedi e in moto, in macchina, sulla strada della vita. Certo però che, quando lo scorso settembre, intervistato da La Stampa, entrava in "modalità poesia" sostenendo che confidava che il suo amico Alex Zanardi stesse preparando qualcosa di stupefacente, c'era più di un dubbio che le parole di Costa fossero più quelle del tifoso che quelle del medico. Per i pochi che non lo ricordano, il 19 giugno scorso Alex era stato coinvolto in un drammatico incidente mentre partecipava con la handbike a una staffetta benefica, Obiettivo Tricolore. Si era schiantato contro un camion in Val d'Orcia, in Toscana, a circa 50 all'ora, devastandosi la testa e il viso sul lato sinistro. Operato più volte, prima a Siena, poi al San Raffaele di Milano, Zanardi ha dovuto superare anche le complicazioni di una infezione che ne ha richiesto il drenaggio al cervello. Ricostruitogli il volto in varie sedute di chirurgia plastica, l'ex pilota di F1 è stato trasferito a fine novembre all'Ospedale di Padova, nel reparto di neurochirurgia, a pochi chilometri dalla casa di famiglia. È lì che la moglie Daniela e il figlio Niccolò, assieme agli specialisti, hanno iniziato un lento cammino di ripresa, era per quello che il dottor Costa sosteneva che «Alex ha iniziato la fisioterapia neurologica che in medicina è quella fase in cui si aspettano le sorprese e i miracoli. Ho visto miglioramenti, dà risposte agli stimoli, stringe le dita, gli stanno rieducando la testa. Ha un fisico da fantascienza e una mente straordinaria, so che questa volta si parla del cervello, ma sono sicuro che lui saprà inventarsi qualcosa con quel che è rimasto». Che quel miracolo di cui sopra abbia iniziato a fare capolino? Forse sì. Dopo i miglioramenti clinici, neurologici, il pollice alzato, la risposta a stimoli visivi e acustici, Alex ha infatti ripreso a parlare, come ha rivelato Federica Alemanno, neuropsicologa dell'ospedale San Raffaele di Milano: «È stata una grande emozione, nessuno ci credeva. Lui c'era! E ha comunicato con la sua famiglia», ha esclamato la dottoressa in un'intervista al Corriere della Sera.

Tecnica innovativa - La neuropsicologa, 36 anni, responsabile del Servizio di Neuropsicologia e professore alla facoltà di Psicologia dell'Università Vita e Salute, anni di esperienza e studi negli Usa, ha curato molti altri pazienti sottoposti a interventi chirurgici al cervello. Da svegli. Si chiama awake surgery, «è una tecnica molto particolare, che si fa in pochissimi centri in Italia e ha come obiettivo quello di garantire al paziente la migliore qualità di vita possibile dopo un inevitabile intervento chirurgico. Viene utilizzata in casi particolari, soprattutto in pazienti giovani, fra i 30 e i 50 anni, con due tipi di malattia: i gliomi cosiddetti a basso grado e i cavernomi. Parliamo, comunque, di patologie piuttosto rare. In sala operatoria dove questi interventi vengono attuati grazie al cosiddetto gamma knife, un bisturi fatto di radiazioni, che arriva dritto sul bersaglio, lo "ritaglia" e distrugge il tumore con precisione millimetrica». Alemanno spiega che «prima di usare il "bisturi" il chirurgo simula, con stimolazioni elettriche, l'intervento zona per zona. Se per esempio siamo nell'area della memoria, ripropongo al paziente, che è sedato, ma non addormentato, la fotografia della moglie. Se la riconosce, significa che il bisturi non danneggerà questa funzione e il chirurgo può procedere. L'obiettivo non è solo la sopravvivenza del paziente, ma quello di salvaguardare il più possibile le funzioni cognitive e assicurare la migliore qualità di vita possibile». 

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