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Matteo Pessina, il nuovo gioiello dell'Atalanta che studia economia e parla latino

Alessandro Dell'Orto
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In effetti, basta guardarlo in faccia per capire che Matteo Pessina non è quello che pensi e che - se ti impigrisci adagiandoti alle sole apparenze - ti frega. Sempre. Perché ha lo sguardo pulito da bravo ragazzo e non sfoggia nessun tatuaggio, ma fa il calciatore. Ha l'occhio acceso da smanettone tecnologico, eppure non possiede nemmeno la Playstation («L'avevo da piccolo, ma mi arrabbiavo quando perdevo e l'ho buttata»). Gioca in serie A, ma anziché pensare a veline e modelle si rilassa alla Scala di Milano gustandosi "Lo schiaccianoci" («La passione per la danza me l'ha trasmessa mia sorella Carlotta che fa la ballerina») oppure ai fornelli («Adoro cucinare il risotto»). 

 

E ancora. Lo immagini a cazzeggiare con i compagni di squadra tra scherzi e risate e invece investe il tempo libero studiando per l'Università (è iscritto a Economia alla Luiss di Roma). Ti aspetti che il suo motto sia una celebre frase da film o il refrain di un successo rock, ma poi scopri che ogni giorno, per caricarsi, ripete semplicemente un detto in latino («Gutta cavat lapidem», la goccia scava la roccia), lingua che traduce con facilità dai tempi del Liceo. E sul campo? Stessa fregatura: lo vedi così "fighetto" e mai penseresti che sa recuperare palloni in tackle, e poi lo osservi correre, correre e corre e mai scommetteresti su una giocata di qualità. 

E invece - ovvio - picchia e dribbla, difende e fa gol. futuro in nazionale Matteo Pessina ti stupisce se ti fermi alle apparenze, ma soprattutto ti lascia a bocca aperta quando gioca e se non fosse così non avrebbe conquistato Gasperini, un posto da titolare nell'Atalanta e la pesante eredità di Papu Gomez. Già, perché se la partenza forzata del Papu (al Siviglia) sta passando in secondo piano, è proprio merito di questo centrocampista capace di adattarsi al ruolo più difficile del modulo di Gasp: quello di chi deve fare da raccordo tra centrocampo e attacco garantendo copertura, ma anche assist e reti (lo fece benissimo Cristante, lo fa discretamente Pasalic, l'ha fatto ottimamente Gomez). 

 

Pessina ha dimostrato di essere l'uomo giusto l'altra sera col Napoli: con lui alle spalle delle punte, la Dea ha equilibrio senza perdere imprevedibilità ed efficacia davanti. Ecco perché il futuro di Matteo sarà sempre più splendente: di nerazzurro, ma anche di azzurro con la Nazionale di Mancini, nella quale ha debuttato lo scorso 7 novembre. E pensare che fino a qualche anno fa Pessina sembrava aver perso il treno del successo. Cresciuto nel Monza, nel 2015 si è svincolato dopo il fallimento del club brianzolo ed è stato preso dal Milan, che però non ha mai creduto in lui: prima i prestiti a Lecce, Catania e Como e poi la cessione all'Atalanta nell'affare Conti. 

A far maturare definitivamente il centrocampista è stato il Verona di Juric (allievo di Gasp) lo scorso anno, società nella quale è stato mandato in prestito dai nerazzurri. Ora, la consacrazione. E il Milan, forse, un po' rosica. Il club rossonero, che ha a proprio favore una clausola che gli consente di incassare il 50% del ricavato dell'eventuale futura cessione, sta pensando di riacquistare Pessina a metà prezzo. 

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