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Superlega, Pep Guardiola attacca: "Questo non è sport". Indiscrezioni: le inglesi si sfilano. Ma Andrea Pirlo: "Il calcio è cambiato"

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La Superlega non piace neanche agli allenatori direttamente coinvolti. Ieri era arrivata la dura presa di posizione di Jurgen Klopp, oggi è stato il turno di Pep Guardiola, che senza troppi giri di parole ha dichiarato che la nuova competizione calcistica ideata dai dodici dissidenti “non è sport”. Il tecnico spagnolo ha criticato duramente il sistema chiuso a inviti che è stato immaginato anche dal suo club, il Manchester City: “Quando non esiste relazione tra l’impegno e il risultato non è più sport”. 

Poi Guardiola ha assunto una linea più diplomatica, dato che è pur sempre un dipendente del Manchester City: “Ma stiamo parlando solo di un comunicato. Sono altre le persone che devono chiarire, che hanno l’obbligo e il dovere di uscire allo scoperto al più presto e di spiegare a tutto il mondo qual è la situazione e il perché della loro decisione”. Guardiola ne ha avute anche per la Uefa, che adesso fa la vittima ma non è esente da colpe se alcuni club hanno deciso di provare lo strappo: “Arrivati a questo punto, la Uefa ha fallito. Devono darci chiarimenti. Dobbiamo andare avanti il più insieme possibile, ma allo stesso tempo non essere cinici. Ognuno pensa a se stesso, anche la Uefa”. 

Tra l’altro dall’Inghilterra arrivano voci secondo cui Chelsea e Manchester City starebbero già tentennando, dato che dopo l’annuncio della Superlega sono stati travolti - come quasi tutti gli altri club - dai loro stessi tifosi e dell’opinione pubblica e politica. Se Klopp e Guardiola si sono esposti apertamente, in Italia Stefano Pioli per ora ha deciso di non affrontare l’argomento. Mentre Andrea Pirlo si è confermato aziendalista, definendo la Superlega “uno sviluppo per il mondo del calcio. Ci sono stati cambiamenti in questi anni: è cambiato tutto, è una novità ma non sono io il più adatto a spiegare, saprà meglio il presidente cosa stanno facendo”. 

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