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Roberto Mancini, "idea dimissioni". Nazionale, il nome nuovo per il ct

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Roberto Mancini è l'artefice del trionfo all'Europeo quanto del tonfo Mondiale. Come è possibile? Semplice: ha peccato di riconoscenza dopo il primo, quando per il secondo serviva cinismo. Ha scommesso sugli stessi giocatori che avevano appena vinto, come nel calcio non si dovrebbe mai fare, quando ne servivano altri, nuovi, diversi, anche se all'apparenza meno forti. La storia dell'Italia insegna, eppure i ct non hanno mai imparato: dopo i Mondiali 2006, gli Europei 2012 e 2016, cioè le ultime buone competizioni degli azzurri prima di Euro 2020, hanno conservato anziché rivoluzionare (o innovare) e, così facendo, sono caduti in basso.

 

 

 

Sempre più in basso, fino al secondo Mondiale mancato. Squadra che vince, si cambia. Si deve cambiare, perché chi alza i trofei è appagato mentre chi lo ha visto fare da lontano non vede l'ora di aggregarsi. Gli altri, i "nuovi", avrebbero evitato o quantomeno contenuto la flessione che l'Italia ha puntualmente avuto dopo Wembley: sei partite di qualificazione ai Mondiali di cui solo una vinta, 4 dannati pareggi e la sconfitta con la Macedonia del Nord. Mancini è colpevole ma è già stato assolto per via del credito accumulato. Sul futuro nulla è definito e non lo sarà per parecchi giorni. Vuole smaltire la delusione e decidere a mente fredda. È quest' ultima, l'unica certezza: deciderà lui, il ct. La Federazione spera in una permanenza. Il presidente Gravina ha chiesto a Mancini di rimanere, non l'ha obbligato nonostante il contratto sia stato rinnovato fino al 2026, quindi sia già un impegno comprensivo del prossimo quadriennio. È tutto nelle mani - o meglio, nella testa - del Mancio, che a caldo propende per l'addio.

 

 

 

Dovessimo scommettere un centesimo, diremmo che il prossimo commissario tecnico della Nazionale non sarà l'ultimo che l'ha portata a vincere. Il dispiacere al momento supera la volontà di rifarsi e le motivazioni per un nuovo corso, ma il sostanziale plebiscito del giorno dopo verso la permanenza potrebbe portare Mancini a ripensarci. O a pensarci più a lungo. I contatti con altri allenatori si faranno eventualmente in estate ma è scontato che le prime idee siano già svolazzate. Perla successione si pensa ad un nome di spicco nella storia della nazionale e un allenatore che conservi il gioco dell'Italia, quindi Claudio Ranieri al momento non è un'opzione. Lo è Andrea Pirlo, ma un solo anno da allenatore non può bastare perla Nazionale. Lo è soprattutto Rino Gattuso, che invece ha alle spalle qualche stagione in più ai massimi livelli tra Milan e Napoli, e soprattutto ha mostrato idee affini a Mancini. La terza idea è Cannavaro, che della gloriosa Italia del 2006 era capitano, ma il fatto che debba essere affiancato da Lippi (una minestra riscaldata per la terza volta? Anche no) la dice lunga sulla poca fiducia nei suoi confronti. Impressiona che i primi nomi per il post-Mancini guardino al passato, all'ultimo successo azzurro prima degli Europei, a conferma dell'incapacità di guardare avanti. Per lo meno sono giovani, almeno secondo gli standard di un ct dell'Italia

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