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Juve, Bonucci scaricato da tutti? "Gli resta solo un alleato..."

Claudio Savelli
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L'unico che ha piena fiducia in Leonardo Bonucci, a parte Leonardo Bonucci, è il ct della Nazionale. Mancini convoca il centrale della Juventus a prescindere dal rendimento del momento, dai suoi atteggiamenti e da tutto perché è il capitano dell'Italia per numero di presenze (116) e il riferimento designato per il nuovo corso, o presunto tale, ora che il dirimpettaio Chiellini ha appeso la maglia azzurra al chiodo. Ma si può costruire il futuro con un leader che appartiene ormai al passato? A decretarne il tramonto è chi lo segue da vicino tutti i giorni, ovvero allenatore e tifosi della Juventus che non sembrano concordare su nulla tranne che sull'inadeguatezza del capitano.

Sono successe due cose in contemporanea: Allegri lo ha escluso dalla delicata (e poi persa) sfida con il Monza per «una scelta tecnica», come ammesso dal vice Landucci dopo la gara, mentre i tifosi gli hanno dedicato un intero comunicato. È singolare che la panchina al Brianteo non fosse motivata da un problema fisico e lo è altrettanto che l'ambiente juventino, in un momento così delicato, non si affidi al capitano.

 

 


 

LE CRITICHE DOPO IL BENFICA - Si dice che Allegri abbia percepito come critiche dirette le frasi di Bonucci post-Benfica: «Sono preoccupato e non c'è da nascondere nulla. Usciamo dalla partita troppo spesso, non so se per un fatto mentale o fisico». Non è un "metterci la faccia" ma un farsi protagonista, almeno secondo l'ambiente bianconero. Il rispetto dei ruoli è la più vecchia legge del calcio e Bonucci non sembra sempre rispettarla, come dimostrano anche le partite in panchina passate in piedi a dare indicazioni ai compagni, manco fosse lui Allegri. I rapporti tra i due non sono mai stati idilliaci, dallo sgabello di Porto alla scelta di non concedergli la fascia da capitano una volta tornato, ma di assegnarla a Dybala nel caso in cui Chiellini fosse assente («Se vuole la fascia può andare a comprarla e va a giocare in piazza», disse l'allenatore).

Anche i tifosi, a quanto pare, non ne possono più del loro capitano. Non si sentono rappresentati, anzi, accusano il difensore di fare buon viso a cattivo gioco: «Stiamo assistendo a scene ridicole, ideate da uno che si erge a leader ma poi si comporta da vittima» e specificano che «Bonucci non è mai stato un leader e mai lo sarà». L'impressione è che sia eccessivamente teatrale, che esageri, che faccia di tutto per farsi notare, quando in certi momenti converrebbe tenere il profilo basso e lavorare, lavorare, lavorare. Anche se si è capitani, o a maggior ragione.

 

 

 

Ma se è vero che il calcio si giudica dal campo, meglio badare alle prestazioni prima che ai comportamenti. Ebbene, quelle di Bonucci da tempo non sono più all'altezza del suo stesso nome. Gli intercetti, qualità di un difensore con l'animo da libero, sono in calo costante: negli anni d'oro con Conte e il primo Allegri oscillava tra 1.8 e 2.5 partita, nelle ultime tre stagioni sono scesi a 1.2, 1.1 e 0.7 attuale. Idem per i contrasti, da 1.6 a 0.7. Gioca per la qualità nei passaggi? Per trovare una percentuale di precisione inferiore all'84,7% attuale in A bisogna tornare alla stagione 2010/11, quando ancora era un talento acerbo: 79.3%. Si dirà che Bonucci non era presente contro la Macedonia del Nord, la partita che è costata il Mondiale, quando in realtà il fallimento è nato tempo prima: il bianconero fu tra i primi a dire «l'Italia si è inceppata dopo l'Europeo» ma non era mai tra i migliori in quelle grigie giornate, anzi.Si dirà che Bonucci è stato protagonista del successo e che in finale contro l'Inghilterra ha pure segnato, senza ammettere che una competizione breve è l'ideale per un calciatore in fase calante, che soffre semmai durante la stagione. Ma è durante la stagione che un giocatore si dovrebbe guadagnare la Nazionale. Non dovrebbe di certo averla per diritto divino o per un premio alla carriera: il calcio è presente e futuro, non passato.

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