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Spalletti e l'effetto-Maradona: cosa c'è dietro la cavalcata del Napoli

Claudio Savelli
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Nel biennio sabbatico Nel 2019-2021, Luciano Spalletti non si è dedicato solo ai suoi cavalli, ai suoi quattro ciuchi, alle anatre, ai cani, agli struzzi e alle galline. Ha anche visto un'infinità di partite. La fattoria era diventata un hobby per sopportare la "disoccupazione", ma il lavoro è sempre stato e sempre sarà quello dell'allenatore. E che lavoro. E che allenatore. Spalletti è il migliore in serie A perché ha sfruttato le ferie per studiare il calcio contemporaneo e ripresentarsi, una volta ingaggiato dal Napoli, in linea con esso, se non addirittura oltre.

 

Vanta il primo posto nella classifica delle squadre e, con i suoi 63 anni, il terzo nella graduatoria dei tecnici più "anziani" del campionato. Lo precedono Gasperini, che conta un anno in più, e Sarri, nato qualche mese prima. Tutti e tre veleggiano grazie a proposte innovative e contemporanee, le uniche che al momento l'estero ci guarda, ci studia e ci invidia. Tutti e tre, per arrivare a questo equilibrio tra utile (i punti) e dilettevole (il gioco), hanno studiato il calcio che li circonda e adattato ad esso il loro modello. Spalletti lo fa da sempre e ora guida questa rivincita degli over-60 con un Napoli che conta 12 vittorie consecutive, zero sconfitte (come solo Real Madrid e Psg in Europa) e, a differenza di un anno fa quando aveva due punti in più, una Champions che lo osserva con ammirazione. Si conferma un avanguardista. Lo è sempre stato, se si pensa alla sua prima Roma in formato 4-2-3-1, con Perrotta falso trequartista alle spalle di un falso nove come Totti: giocasse oggi, quella formazione non risulterebbe affatto antistorica. Anzi, sarebbe perfettamente calata nel 2022.

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VALORIZZARE
Sessantatre anni e non sentirli, né dal punto di vista fisico (Luciano è in formissima perché si allena, oltre ad allenare), né da quello psico-emotivo (si diverte, a differenza di certe annate passate) e nemmeno da un più stretto punto di vista calcistico. Luciano valorizza tutti i calciatori che ha a disposizione, dai suoi amati centravanti com' è possibile far rendere Osimhen, Raspadori e Simeone contemporaneamente?- agli ultimi arrivati come Kvaratskhelia e Kim e ora anche Olivera, o ai vituperati come Meret e Juan Jesus. Cerca di mettere tutti nei posti preferiti, scegliendo il modulo in base alla rosa e non viceversa, e intuendo in anticipo quando è il caso di cambiarlo: quest' anno è passato dal "suo" 4-2-3-1 al 4-3-3 per migliorare il controllo del gioco come nell'ultima Roma s' inventò un 3-4-2-1 per liberare Nainggolan all'assalto e Salah negli attacchi in verticale.

OCCULTARE
Spalletti, poi, offre contenuti anche nelle interviste, mentre la maggior parte dei colleghi tende a occultare questi contenuti pensando di offrire un vantaggio alle avversarie. Di recente ha spiegato che «nel calcio di oggi, gli spazi non sono più tra le linee ma tra gli uomini», perché sempre più squadre «rompono questi allineamenti» durante il pressing, dunque i vuoti bisogna «saperli vedere». Il calcio contemporaneo, insomma, «bisogna saperlo interpretare», allenando calciatori che ne sanno quanto l'allenatore. Non è affatto semplice, come dicono altri. Semmai bisogna farlo risultare tale, ma è possibile solo studiandone la complessità. Come fa Luciano Spalletti.

 

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