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Malagò, l'intercettazione choc: "Delinquenti veri, Juve e Roma..."

Leonardo Iannacci
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Le intercettazioni telefoniche, si sa, talvolta hanno cambiato la storia. Sin dai tempi dello scandalo Watergate quando portarono, addirittura, alle dimissioni del presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon. Ora, non è che la vicenda che vede al centro di tutto il presidente del Coni, Giovani Malagò, abbia lo stesso spessore di quelle che virarono i destini del mondo. Ma è innegabile che le sue parole emerse dalle intercettazioni telefoniche effettuate nell'ambito dell'inchiesta (ieri archiviata) su una presunta tangente pagata per l'assegnazione dei diritti televisivi, abbiano creato un terremoto politico nel paludato mondo del calcio. In queste intercettazioni il numero 1 dello sport italiano, al telefono con Andrea Zappia, manager Sky che all'epoca non aveva più ruoli operativi in Italia e che era finito dentro all'inchiesta, definisce alcuni presidenti di club calcistici dei «delinquenti veri», aggiungendo giudizi poco lusinghieri nei confronti di Enrico Preziosi, ex presidente del Genoa («È un pregiudicato...»), di Claudio Lotito, attuale n.1 della Lazio («È lui il capo») e di altri club («E i nostri amici di Juventus e Roma sono colpevoli quanto lui. Perché alla fine, per un motivo o per un altro, hanno rinunciato a lottare o lo hanno assecondato diventando complici delle sue avventure...»).
 

DIRITTI TELEVISIVI

A proposito di Lotito, Zappia aggiunge: «Sono stupito che questo signore che ha un business nano, che ormai campa solo di calcio e che è quello che fa vivere tutte le sue aziende, maramaldeggi». «Non c'è dubbio», conviene Malagò. La vicenda è stata portata a galla da Repubblica che, nel giornaledi ieri, si è occupata di diritti televisivi e di aste per l'assegnazione degli stessi. Come quella del 2014 che aveva portato a una maxi multa sanzionata dall'Antitrust per Mediaset, Infront, Lega e Sky. Anche all'epoca la prima inchiesta della Procura svanì nel nulla. Giudizi pesanti, indubbiamente, quelli del numero 1 del Coni, un signore che non ha mai avuto il timore di dire quello che pensa e che, non dimentichiamolo, mentre (stra)parlava di Preziosi, Lotito e di altri presidenti, non stava rilasciando una pubblica intervista ma telefonava privatamente a un amico.


In regime di guerra segreta neppure la Stasi - la famigerata polizia della Germania Democratica ai tempi della Guerra Fredda - avrebbe spiato così a fondo il numero 1 dello sport italiano. Malagò, che conosciamo da tempo e stimiamo quale uomo di sport, uscendo bene dall'inchiesta di cui sopra, avrà avuto le sue ragioni per trinciare tali giudizi su presidenti che ha conosciuto da vicino. Non siamo noi, di certo, deputati a difenderlo perché, avendo detto certe cose, le pensa. Esistono sedi opportune per dirimere tali faccende. Malagò e Zappia, in tutto questo polverone, hanno soltanto una colpa: in un mondo paludato e falso, nel quale tutti non dicono mai quello che pensano, si sono dimenticati di vivere in un Truman Show nel quale si è spiati, schedati e controllati come in un film di 007. Anche quando si fanno due chiacchiere tra amici.

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