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Inter, Inzaghi e l'arma segreta per travolgere Guardiola: 3-5-2 devastante

Claudio Savelli
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L’Inter sta smontando tutti i cliché accumulati in questi anni sul 3-5-2. Con il modulo più antiquato che ci sia, almeno secondo i sedicenti esperti di calcio, sta arrivando al successo. È un caso? Non crediamo. Semmai è la dimostrazione che anche questo bistrattato sistema contiene evoluzioni interessanti. Il 3-5-2 è storicamente associato allo stile italiano nel senso più antico del termine. Ovvero al gioco di rimessa, di difesa e contropiede. Primo perché all’estero nessuno usava la difesa a tre, considerata difensivista per via dell’abbassamento degli esterni che la trasformavano in una linea a cinque. Secondo perché un simile sistema non prevede le ali offensive classiche, i dribblomani che saltano l’uomo e che il calcio d’oggi, soprattutto quello della Premier League, porta in palmo di mano. Terzo perché se molti giocano senza veri attaccanti per preservare l’equilibrio, figurarsi averne in campo due puri e vicini: è insostenibile.

Invece no e i presunti difetti di questo sistema di gioco sono diventati i principali pregi dell’Inter. La difesa a tre aiuta i centrali perché è presente un compagno in più in protezione, quindi permette di avere in rosa difensori normali, non per forza di altissimo livello. Gli esterni non saltano l’uomo ma possono avere funzioni di corsa, ad alto impatto fisico (vedi Dumfries) o di regia e rifinitura (vedi Dimarco): in sostanza permette di piazzare i terzini evoluti che, in una difesa a quattro, farebbero fatica. Infine le due punte diventano difficili da marcare per le altre retroguardie, abituate a confrontarsi con un solo centravanti puro. In più, il binomio offensivo potenzia entrambi gli interpreti, vedi Lautaro che si esalta in area (doppietta) quando può spartirsi il lavoro con un compagno, il quale sa che potrà ottenere lo stesso favore in cambio la volta successiva.

 


Per arrivare fino a questi livelli, il 3-5-2 è passato tra le mani di diversi allenatori e ha attraversato numerose modellazioni. Quello dell’Inter, il più sviluppato del panorama, si è evoluto nel passaggio da Conte a Inzaghi: i meccanismi del primo sono rimasti come fondamenta dell’impalcatura di interscambi attuale. Così, si è passato dal 3-5-2 classico come modulo ingessato, lineare, evoluzione del 4-4-2 degli anni ’90, quindi facile da leggere e contenere, a quello contemporaneo dove i calciatori si muovono all’interno del sistema rompendo le linee e diventando un tutto che scorre. È così che i nerazzurri sfuggono all’intenso pressing della Fiorentina della prima mezz’ora. Se l’avversaria segue le pedine, i varchi si creano spostandole. Certo, è necessario che i difensori abbiano i piedi dei centrocampisti e i centrocampisti l’animo dei difensori, quindi servono calciatori polivalenti, ma è questa la caratteristica richiesta oggi. I più forti sono quelli che potrebbero giocare in qualsiasi ruolo. È per via di questo perpetuo movimento interno che Guardiola ha trovato l’Inter interessante e competitiva. Il 3-5-2 vince la seconda Coppa Italia consecutiva e si gioca la Champions League. Il bello degli stereotipi? Quando vengono smentiti. 

 

 

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