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Inter e Milan? La mano dei dirigenti dietro il volo di Inzaghi e Pioli

Claudio Savelli
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Quella di Simone Inzaghi e Stefano Pioli è una presa di potere. Doppia: del campionato, dove sono gli unici a punteggio pieno, e delle società, dove ora sono più che semplici allenatori. È la reazione ad un anno difficile e formativo. Entrambi hanno rischiato di perdere le panchine, sono stati messi in discussione sia dai dirigenti (Marotta ha ammesso di aver messo pressione a Inzaghi mentre Maldini si era mosso in silenzio per sostituire Pioli) sia dal pubblico, salvo superare la crisi con le loro forze. Inzaghi è andato oltre ma non aveva il credito dello scudetto di Pioli. Ciò che non uccide, fortifica.

Infatti, finita la stagione, non sono stati semplicemente confermati: sono stati potenziati. Pioli ha spiegato qualche settimana fa che la nuova dirigenza lo ha ascoltato in sede di mercato. E per due mesi ha ripetuto di essere molto soddisfatto dei giocatori che sono arrivati, specificando che erano quelli da lui indicati. Prima, con Maldini e Massara, non era così? Probabile, e De Ketelaere lo dimostra.

NELL’OMBRA
Cardinale ha imposto una dirigenza meno conosciuta al pubblico e più abile a lavorare nell’ombra perché ha dato più responsabilità a Pioli. Che si è giustamente gasato. Logico che, dovesse andare male, il mister non avrebbe scuse, ma per ora sembra esserci solo un guadagno. Proprio grazie alla faticosa annata trascorsa, Pioli ha le spalle abbastanza larghe per accogliere questo onore e sopportare l’onere annesso.

Inzaghi ha raggiunto la massima consapevolezza di sé e delle proprie qualità di allenatore grazie al cammino in Champions. Si è misurato con il meglio e si è convinto di esserne parte. Era esattamente ciò che gli chiedeva Marotta. Ecco perché gli è stato garantito il rinnovo a inizio estate (per evitare di allenare a scadenza) e una rosa che rispecchiasse la sua unica richiesta: due per ruolo della stessa qualità. 

 

Il mercato nerazzurro è girato attorno alle invenzioni del mister, su tutte Calhanoglu regista che permette di monetizzare Brozovic, e ha seguito alcune indicazioni: serve un alter ego di Barella ed è arrivato Frattesi, servono due esterni di qualità e sono arrivati Augusto e Cuadrado, serve un campione ed è arrivato Pavard, serve un incursore ed è arrivato Klaassen. Inzaghi contraccambia valorizzando la scommessa di Ausilio, Thuram, e trasformandolo in un riferimento in appena tre gare. Inoltre la comunicazione di Inzaghi è cambiata rispetto al passato. È più precisa ed efficace. Pur mantenendo la consueta educazione, il mister ora usa le interviste per cancellare sul nascere le voci che reputa strane: «Punto su Asllani», ha detto ad esempio dopo la vittoria sulla Fiorentina.

 

TIFOSI ATTENTI
I tifosi sono attenti e se ne sono accorti, infatti ora esaltano anche l’Inzaghi post partita. Anche Pioli ha cambiato qualcosa. Il tono di voce è più fermo, la voglia di parlare minore, come se togliesse tempo al lavoro sul campo. Ieri a Lissone, dopo la riunione con gli arbitri, gli hanno chiesto «Che derby sarà» e lui ha risposto «Dipende dal tempo»: ricorda il primo Mourinho, un uomo concentrato solo sulla vittoria e disposto a passare per antipatico piuttosto che per perdente. Milano è così tornata a dominare la classifica anche perché Inzaghi e Pioli, ormai al terzo e quarto annodi Inter e Milan, hanno raggiunto il punto più alto delle loro ancora giovani carriere. Il merito dei club è averli forgiati a questi livelli, aspettandoli nel momento di crisi senza proteggerli troppo. Il merito delle dirigenze è aver capito di avere due leader affamati a cui bisognava soltanto dare del buon cibo, ovvero una rosa che rispettasse i loro gusti. Si incroceranno al derby, i cannibali Inzaghi e Pioli: al rivale, nemmeno le briciole.

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