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Inter nella trappola-Champions, il piano anti-gufi di Simone Inzaghi

Claudio Savelli
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Secondo Pep Guardiola, l’Inter arriverà di nuovo in finale di Champions League. Il solito paraculo? In parte sì, perché sottolineare la forza dei nerazzurri valorizza la sua vittoria a Istanbul, ma anche no, perché ora non ha alcun interesse nell'esprimere un giudizio su una squadra che non è ancora rivale diretta per il titolo. Quindi un fondo di verità nelle parole di Pep esiste. E siccome l’allenatore tripletista in carica condiziona una parte dell’opinione pubblica, l’Inter ora deve maneggiare con cura questo ruolo da presunta favorita. Alle parole di Guardiola sono seguite infatti le pagine di As e l’Equipe, i principali quotidiani sportivi in Spagna e Francia: secondo il primo l’Inter «ha trovato con Inzaghi la strada per imporsi ancora una volta come una delle grandi del continente» mentre il secondo mette i nerazzurri «sullo stesso livello di Real Madrid, Bayern e Barcellona perché, anche se ha perso qualche giocatore, ha mantenuto inalterato il suo valore».

Inzaghi non ci casca. Dice che «le parole di Guardiola fanno piacere» ma che «non bisogna dimenticare la fatica fatta per arrivare in finale». E aggiunge che «il difficile arriva adesso». Tocca alla squadra recepire il messaggio. L’Inter si è guadagnata in campo il cambio di considerazione, ma deve ricordarsi che non ha ancora giocato con questa nuova etichetta. L’aveva in Italia dove, a inizio stagione, non è stata continua.

 

 

 

FARI ACCESI

Se lo scorso anno l’Europa si è accorta dei nerazzurri solo quando hanno tenuto testa al Manchester City (non prima perché il sorteggio della fase finale secondo i più era accomodante), ora i fari sono già accesi e gli osservatori delle altre grandi saranno sintonizzati con lo stadio Anoeta di San Sebastian. Stasera (alle 21, diretta Prime Video), in casa della Real Sociedad, apparentemente la più morbida delle rivali nel girone perché uscita dalla quarta fascia, l’Inter fa il suo esordio con lo status di vice-campione e candidata (secondo gli altri) ad una nuova finale. Sarà un esercizio per prendere le misure con questa scomoda dimensione, sapendo che il girone (Benfica e Salisburgo le altre due) non offre molte occasioni per rimediare ad errori di approccio.

Per non farsi fregare da questa cornice dorata, il mister Inzaghi mantiene intatto il suo quadro d’autore. Il turnover è rimandato alla sfida di domenica contro l’Empoli perché i nerazzurri non devono illudersi di essere onnipotenti, visto che all’euforia del derby («Lo abbiamo rivisto, alcune cose potevamo farle meglio, ma è il passato», l’archiviazione dati di Inzaghi) si sono aggiunti i complimenti dell’Europa. Quindi i cambi saranno limitati ad uno, massimo due elementi, e solo per esigenza: insieme a Cuadrado è rimasto a Milano Calhanoglu, che ha accusato un affaticamento al flessore e verrà sostituito da Asllani («Gli darò fiducia perché è un grandissimo giocatore: ce lo hanno chiesto in tanti ma noi ce lo siamo tenuto stretto», dichiara il mister, a scanso di equivoci), mentre De Vrij avanza la sua candidatura per evitare un sovraccarico ad Acerbi, rientrato nel derby dopo un infortunio. Stop. I vari Frattesi, Pavard, Carlos Augusto e Arnautovic dovranno pazientare per una maglia da titolare, squadra che vince non si cambia soprattutto nel momento in cui la danno tutti per vincente a prescindere.

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