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De Laurentiis, "commissario" rammollito: era meglio quando stava zitto

 Aurelio De Laurentiis

Gabriele Galluccio
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Starace, un caffè in più al campo per il nuovo commissario Aurelio. Il mitico magazziniere del Napoli dovrà abituarsi alla presenza di De Laurentiis, che è calato su Castel Volturno per supervisionare il lavoro di Rudi Garcia. Questa è ormai la storia di un presidente nel pallone, alla disperata ricerca di un colpo di scena per risollevare le sorti di una squadra smarrita e intristita. Purtroppo la realtà pallonara non è come quella cinematografica: non ci sarà alcun lieto fine calato dall’alto, è necessario un cambiamento autentico che parta dall’esonero di Garcia.

Non c’è un solo motivo valido per cui il francese sia ancora in panchina, dopo che il Napoli ha pure avuto il lusso di dare una sbirciatina al futuro: i primi due mesi di stagione hanno dimostrato che con Garcia le probabilità di vincere gli scontri diretti sono prossime allo zero. Altre sconfitte come quelle con la Fiorentina saranno inevitabili, perché il tecnico non sembra all’altezza dei principali rivali: è reduce da una partita in cui si è consegnato tatticamente a Italiano, un allenatore che sarebbe stato perfetto per il Napoli. Dopo il rifiuto di Conte, a questo punto ben venga pure Tudor. Perlomeno è moderno e ambizioso, con lui si può siglare il più classico dei “do ut des”: il croato cerca il trampolino di lancio definitivo per la carriera, mentre il presidente deve recuperare credibilità e risultati e magari pure quel silenzio autoritario che lo ha caratterizzato per tanti anni.

RAMMOLLITO
Forse lo scudetto ha rammollito De Laurentiis, che si è reinventato direttore sportivo e commissario: la sua versione tuttofare è debole e perdente. Che fine ha fatto il presidente che sapeva intervenire senza troppi fronzoli quando necessario? E perché, in estate come adesso, non è riuscito a convincere un allenatore all’altezza? Dopo aver scomunicato Garcia e cercato invano Conte, adesso spera di invertire magicamente la rotta con la sua sola presenza. La decisione di supervisionare il francese sembra scaturita dalla risoluzione del classico dilemma morettiano: «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo per niente?». Per il momento ha scelto la prima opzione, anche se il fatto che Garcia debba confrontarsi tutti i giorni con De Laurentiis appare abbastanza grottesco.

REDARGUITI
A completare il quadro è la videochiamata a Di Lorenzo, come se il capitano e gli altri calciatori meritassero di essere redarguiti, quando invece sono i primi a subire questa situazione surreale e a non voler vanificare gli sforzi degli ultimi due anni. Sebbene il loro impegno sia fuori discussione, non possono risolvere tutti i problemi con l’autogestione. Dato che Garcia ha la fortuna di sedere ancora in panchina, anziché smontare la squadra con cambi stralunati dovrebbe decidere che direzione tattica intraprendere. Ad esempio con la Fiorentina non si è capito cosa volesse fare il Napoli, pressare alto o attendere più basso per poi ripartire? Ne è uscita fuori una cosa a metà che ha consegnato la partita agli avversari. L’unica buona notizia per Garcia è che sopravvivere al prossimo mese non sembra un’impresa impossibile: al netto del big match con il Milan, le sfide con Verona, Empoli e Union Berlino non possono ammettere un risultato diverso dalla vittoria. È dopo la pausa di novembre che arriverà il primo bivio della stagione, potenzialmente già decisivo: in due settimane il Napoli affronterà Atalanta, Real Madrid, Inter e Juventus e forse si pentirà di non aver cambiato allenatore quando ancora aveva senso farlo. 

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