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Juve, la mano di Massimiliano Allegri: ecco come resiste a tutto

Claudio Savelli
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La Juventus non brilla di luce propria ma riesce a fare ombra sull’avversaria di turno. In questo caso obbliga il Milan ad un gioco frammentato, tutt’altro che fluido, dove il numero di errori supera quello delle buone giocate. Questa è la mano di Allegri, può piacere o meno, ma è a suo modo un’identità e bisogna ammettere che è visibile. Bisogna anche dare a Max ciò che è suo: non un gioco contemporaneo, non meccanismi degni del calcio d’oggi, ma una straordinaria capacità di sopportare le difficoltà. Negli ultimi due anni ne ha viste di tutti i colori, e più di tutti i colleghi.

Eppure non ne ha mai fatto un alibi né ha perso il controllo di sé e della situazione. Lo scorso anno ha allenato con una classifica falsa, sapendo che a fine anno avrebbe ricevuto una penalizzazione che avrebbe precluso l’Europa ma motivando comunque la squadra a raggiungerla. Ci era riuscito. Poi Pogba che si dopa, peraltro di una sostanza pressoché inutile, una cosa dell'altro mondo. Non che il francese fosse utile alla causa, era già un ex giocatore, ma allo spogliatoio certe vicende non fanno bene, è pur sempre un compagno di squadra con cui si condividono ore della giornata che viene squalificato e che potrebbe non rivedersi più.

 

Alla penalizzazione e al doping si sono aggiunte le scommesse di Fagioli. Il calcio mette alla prova Allegri che resiste e reagisce subito, riciclando McKennie nel ruolo di mezzala e rispolverando Weah sulla destra. A centrocampo la coperta è corta ma più che sufficiente per giocare il campionato e la Coppa Italia e, anzi, più si accorcia, più Allegri sembra esaltarsi. Vedi Vlahovic che era partito benissimo si ferma di nuovo per la pubalgia e Chiesa che segue a ruota: ora sono entrambi a mezzo servizio, così Max ripropone Kean, per forza di cose, e questi sembra prenderla sul serio. Come se non bastasse, Danilo, capitano e incarnazione della resistenza allegriana in campo, si fa male in nazionale. Allora tocca dare una bella spolverata a Rugani, ennesimo riciclo del mister, e la Juventus sopravvive. Forse Allegri ha sopportato perché non ha proposte migliori, sia in termini di blasone sia di contratto, forse ha sopportato perché male che vada possiede un alibi, o forse è davvero un uomo d’azienda che dà il meglio di sé a prescindere da ciò che succede attorno.

 

La Juve che obbliga il Milan ad una partita oscura, che poi fatica a superare i rossoneri con un uomo in più e che infine trova la rete solo su un tiro deviato di Locatelli è una buona sintesi dei pregi e dei limiti di Allegri. Non è solo il tecnico della Juve a soffrire, in generale vale per tutti: è il momento di arrangiarsi con quel che si ha. Pioli continua a non avere un regista di ruolo, deve schierare il terzo portiere e dare fiducia a Jovic per preservare Giroud, normale che fatichi quando il livello si alza. Inzaghi non ha cambi in attacco e in vista della Champions deve pregare che Lautaro e Thuram non si facciano male. Mourinho ha gli uomini contati ma, come Allegri, vince e sopravvive. La classifica prende forma nel segno della resistenza. 

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