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Milan, la squadra sta scricchiolando: bomba Leao pronta a esplodere

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Claudio Savelli
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Il Milan si sta rompendo? Forse. Di certo si rompono tanti suoi giocatori. Troppi, per reggere ai massimi livelli: in totale sono già 19 gli infortuni in stagione di cui ben 12 muscolari. Quattro di questi (Kalulu, Krunic, Loftus-Cheek, Sportiello) contano un tempo di recupero superiore ad un mese, più Chukwueze che resta un punto di domanda. A Bennacer, Caldara e Sportiello si sono aggiunti Pulisic, Pellegrino e Kalulu: niente di grave per l’americano, recuperabile per la sfida di sabato contro l’Udinese; frattura composta dell’osso calcaneare del piede sinistro (40 giorni di stop) per l’argentino; lesione del tendine retto femorale sinistro meritevole di parere chirurgico per il francese. In caso di operazione, Kalulu rimarrà ai box per quattro mesi.
Pioli si arrangia con i Primavera e, dopo Bartesaghi, promuove in prima squadra anche Simic, ma ammette l’esistenza di un problema: «La vera nota dolente sono gli infortuni», ha infatti dichiarato dopo aver subito la rimonta del Napoli. Ma ogni volta che gli viene chiesto come mai il Milan ne abbia così tanti, risponde secondo il protocollo che 1) si gioca troppo, 2) anche le altre squadre li hanno. Non segue dibattito, anche se il Milan non è l’unica a giocare troppo e le altre non contano tanti infortuni quanti i rossoneri.
 

TRE INDISPONIBILI
Pioli non risponde alla domanda, lo staff atletico e medico rossoneri non sembrano sotto inchiesta interna, intanto sono sempre almeno tre i giocatori indisponibili per ogni partita. Avesse dovuto giocare in settimana, sarebbero stati addirittura nove perché Loftus-Cheek, Kjaer e Pulisic non sarebbero rientrati in tempo. Il problema della coperta corta è che poi porta Pioli a tutelare i titolari come Giroud e Leao, senza che essi comprendano il motivo delle sostituzioni come quelle al Maradona. Nasce così un paradosso: i due leader del Milan polemizzano per dei cambi utili a preservarli nel momento in cui il loro allenatore prova a riconquistare la fiducia dell’ambiente.
 



Pioli già fatica a sistemare tatticamente il Milan - la retroguardia non si impegna mai in copertura; il centrocampo è fragile anche perché Krunic, pupillo del mister, non è un regista; l’attacco, reduce da tre gol nelle ultime 5 gare, ha un Leao in astinenza dal 23 settembre (1-0 al Verona) -, difficile che possa migliorare istantaneamente anche la parte psicologica. In un simile contesto, Ibrahimovic non sembra più un valore aggiunto ma una gigante pezza per bloccare l’emorragia sul nascere. L’insistenza del club per il ritorno dello svedese suggerisce da un lato il pentimento della proprietà nel liberarsi di una figura come Maldini e, dall’altro, la difficoltà di Pioli a essere anche manager. Magari Ibra aiuterà, ma la condizione posta per il ritorno non è la più semplice da gestire: no a incarichi part-time o di rappresentanza, sì solo ad un impegno attivo e totalizzante. Un inserimento così aggressivo a stagione in corso sarebbe un azzardo. Davvero il Milan non riesce a cavarsela da solo? 

 

 

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