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Giuntoli, è lui la vera differenza tra Juventus e Napoli

Claudio Savelli
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Nessuno crede a Cristiano Giuntoli quando dice che «la Juventus punta al quarto posto». Però il fatto in sé che lo dica è rivoluzionario perché è il contrario del «vincere è l’unica cosa che conta» con cui il club ha promosso la propria identità nei secoli dei secoli. Qualunque fosse la condizione in cui versava la società Juventus, il direttore sportivo era sempre stato tenuto a sottoscrivere e promuovere questo concetto. Giuntoli no. Sicuramente pensa che la Juventus possa vincere lo scudetto già quest’anno, ma ha cancellato l’obbligo di vittoria da ogni sua dichiarazione. È una rivoluzione.

Il paradosso? Il primo direttore sportivo della Juventus che sostiene non si debba vincere è il primo direttore sportivo che la Juventus ha ingaggiato dall’esterno, e da campione d’Italia in carica, per tornare a vincere. Ma è proprio per via dello status con cui è arrivato che Giuntoli può permettersi di ribaltare la storica comunicazione del club. Solo così la Juventus può disfarsi del modus operandi del passato, basato sull’acquisto di campioni fatti e finiti, spesso dalle prime rivali - uno su tutti: Higuain nel 2016 proprio dal Napoli -, e lavorare sui giovani di proprietà, senza la pretesa che siano subito di massimo livello, ma concedendo loro tempo per arrivarci. Dal comprare valore al crearlo, il passo non è affatto breve, e questo il Napoli lo ha capito anni prima della Juventus.

 

 

 

La (non) campagna acquisti estiva dei bianconeri è il punto di rottura definitivo rispetto al passato. L’idea è stata ripartire con quel che si aveva per iniziare un percorso organico di ritorno al successo. Se poi il successo arriva prima degli otto anni impiegati da Giuntoli al Napoli, tanto meglio.

 

UOMINI ESTERNI

Il diesse non ha fatto altro che iniziare a soddisfare la richiesta della proprietà Exor di un’azienda capace di tenersi in piedi da sola, senza continue ricapitalizzazioni. Si può dire che il direttore sportivo ex Napoli sia stato il primo vero tassello del post-Agnelli perché non era nello stile Agnelli affidarsi a uomini esterni, semmai lo era la promozione di quelli interni, vedi Paratici, a cui venivano affidati pieni poteri, mentre ora nella Juventus sono di nuovo spezzettati: ognuno il suo- quindi anche un Allegri restituito al solo compito di fare l’allenatore. Il destino vuole che domani (alle 20.45, diretta Dazn) la Juventus già a immagine e somiglianza di Giuntoli ospiti un Napoli che ha fatto fatica a trovare nuovi equilibri senza quest’ultimo ma che, con la crescita anche mediatica dell’erede Meluso e la questione mister sistemata, sembra intravedere un nuovo futuro. Caso vuole che sia una sfida crocevia per lo scudetto perché i bianconeri sono lì, a due passi dall’Inter, mentre i partenopei sono i campioni in carica che stanno provando a “risvegliarsi”.

 

 

 

Una vittoria bianconera certificherebbe la candidatura alla corsa al titolo mentre un successo esterno a Torino darebbe al Napoli lo slancio per un’impossibile (i punti dall’Inter sono addirittura 11) rincorsa al vertice. Tra l’altro entrambe sono reduci dal crash test contro la capolista: la Juve lo ha superato con un 1-1 che ha lasciato la classifica invariata, il Napoli lo ha fallito con uno 0-3 in cui, però, sono stati più i meriti della squadra di Inzaghi che non i demeriti di quella di Mazzarri. Giuntoli uno dei motivi per cui il Napoli sta facendo fatica ed è il vero motivo per cui la Juventus può puntare allo scudetto fin da questo anno zero, patto che Giuntoli stesso non cambi linea nella comunicazione. Perché la Signora ha bisogno di qualcuno che la mantenga con i piedi per terra, esattamente dove sembra essere tornato il Napoli ora che ha smaltito la sbornia dello scudetto e le grandi promesse di De Laurentiis. 

 

 

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