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Jannik Sinner, "una follia. Mi butto nel fuoco": come ha cambiato la storia

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Una "follia" che potrebbe avergli fatto svoltare la carriera. Jannik Sinner, nella sua prima conferenza stampa italiana dopo lo storico trionfo agli Australian Open, sottolinea l'importanza di aver creato un gruppo di lavoro di altissimo livello. Una scommessa non priva di rischi, però. 

"La cosa più importante è restare con la mia squadra, anche loro sono in mezzo a tutto questo", premette sottolineando l'ondata di clamore ed entusiasmo che lo ha investito. "Voglio starci io - dice il 22enne tennista di San Candido, numero 4 del ranking Atp - e lasciarli fuori, perché non è semplice. Ma è molto più rilassante rispondere ai giornalisti che giocare in campo".

 

 

 

"La vita che vivo - prosegue con la solita freddezza, dote comune per un atleta così giovane - è fatta di situazioni, alcune vanno bene altre male. Anche quelle con un però. Io ho avuto quel però nella testa, ho fatto una scelta che sembrava folle. Ma ho pensato, mi butto nel fuoco. Voglio conoscere un altro metodo di lavoro". Il riferimento è a quanto accaduto nel 2022, quando ha deciso di abbandonare coach Riccardo Piatti e affidarsi a un nuovo staff, guidato dal guru australiano Darren Cahill affiancato all'italiano Simone Vagnozzi, coach sul campo.

 

 

 

"Non era detto che fosse la mossa giusta. Non si sa mai. Magari oggi sarei stato più forte ancora. Alla fine sono io che scelgo. Devo capire me stesso e cosa cerco. Non è come fare la spesa, era abbastanza difficile. Ci sono persone che mi aiutano, devo essere bravo a capire loro ma alla fine sono io che scelgo. Quello che ho capito è che il mio team non deve essere il migliore, ma devono esserci persone che si capiscono, e che ognuno faccia il proprio lavoro, tutte persone brave e normali. È quello che ho cercato",

 

 

 

L'asso nella manica di Sinner e della sua squadra è la normalità. "Non ho segreti, è tutto frutto del duro lavoro. Io mi sveglio la mattina e la prima cosa che penso è allenarmi. Giocare a tennis è quello che mi piace fare e se il mio avversario è più bravo di me gli do la mano e torno ad allenarmi. Ci saranno momenti difficili ma non ho paura. Ho sempre detto che il lavoro duro, le persone giuste intorno e la voglia di vincere sono le cose più importanti. Bisogna sempre dare il massimo, correre su qualsiasi palla; il tennis è imprevedibile, quando sembra vinta puoi perdere così come il contrario". E ogni riferimento alla finale di Melbourne contro il russo Daniil Medvedev e alla rimonta da 0 set a 2, 4-4 al terzo e l'ormai mitico "sono morto" non è casuale.

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