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Sinner, "ho visto due cose". Le sue prime (sconcertanti) parole dopo la finale degli Us Open

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La vittoria agli Us Open, la prima in carriera e la seconda in un torneo dello Slam, val bene un hamburger. Eccola, la "follia" di Jannik Sinner dopo l'entusiasmante successo a New York, domenica in finale contro Taylor Fritz.

"È stata una grande avventura fino a oggi, non mi sono mai fermato, non ho avuto mai il tempo di prendermi un attimo per dirmi: bravo, hai fatto un buon lavoro. Ci sono state voci diverse sulla mia vicenda, non posso farci niente. Ma chi mi conosce, sa. E per me è l'unica cosa che conta", spiega Sinner al Corriere della Sera rivelando qualche succoso dettaglio sul "party in hotel" di cui tanti, in queste ore, stanno parlando sui social. 

 

 

 

"Mi sono seduto con il mio team. Mi sono mangiato un hamburger con la Coca-Cola. Se non ti godi il momento, è tutto inutile. Te lo devi godere. E poi devi staccare: adesso mi serve qualche giorno di riposo e di relax. Ma sappiamo già dove ricominceremo a lavorare. Con Fritz in finale ho notato due o tre cose che potevo fare meglio...", spiega un Sinner come al solito maniaco della precisione e dell'auto-miglioramento. "Mi impegno per alzare coppe importanti come quella dell'Open Usa. Ma è anche importante circondarsi di persone che ti accettano per quello che sei, e che ti vogliono bene".

 

 

 

"Dopo il match point con Fritz ho chiuso gli occhi e ho guardato il cielo - racconta -. Ho pensato: accetta le difficoltà e vai avanti. Ho cominciato il torneo con tatti dubbi nella testa, senza sapere come mi avrebbe accolto il pubblico americano che invece con me è stato giusto, onesto". "Non sono un tennista perfetto - sottolinea il 23enne di San Candido, numero 1 del ranking Atp -, e mai lo sarò. Avevo delle mancanze fisiche: ho cercato di compensarle in palestra. Per me la cosa importante è giocare a tennis, riposare bene, lavorare per migliorarmi. Vorrei finire la carriera senza rimpianti, voglio potermi dire: hai fatto tutto il possibile, hai dato tutto". 

Un esempio della sua capacità di autocritica? "Se domani rigiocassi con Fritz, e non servissi meglio di come ho fatto in finale, ci può stare che perdo. Per come sono fatto, io mi ricordo di più le partite perse di quelle vinte". In tanti si sono commossi per la vittoria dedicata a caldo alla zia malata: "Mi è venuta al momento: non sono uno che si prepara i discorsi, sono piuttosto istintivo. La zia era - cioè - è una persona molto importante per me. Da piccolo i miei lavoravano tutto il giorno e io trascorrevo molto tempo con mia zia: mi accompagnava alle gare di sci, passavamo l'estate insieme. Sono cose che mi fanno vedere lo sport in modo diverso: il tennis non è la vita. Non solo. Vorrei spendere più tempo con le persone che amo però la vita non è sempre perfetta, purtroppo".

 

 

 

Sul caso del doping: "La vicenda è ancora nella mia mente, non ne è uscita. Ho cercato di rimanere concentrato sul torneo sentendomi supportato dalle persone che mi vogliono bene, e ormai il mio team mi conosce meglio dei miei genitori. Mi sono molto legato ai miei coach. Credo di aver fatto un buon lavoro ma non è che mi sono dimenticato di quello che è successo. Non è passato" ma "ho un equilibrio che mi aiuta e l'Open Usa ha contribuito a farmi ritrovare il piacere del tennis", "ho fatto tanti sacrifici per arrivare fino a qui. Da quando è uscita la notizia forse si è capito perché sono stato male e ho avuto tante notti senza sonno. Però sono cresciuto anche grazie a questo, lo sento".

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