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Barella-Rodri, troppi infortuni: il calcio pensa allo sciopero

Gabriele Galluccio
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I calciatori si sono rotti. In senso letterale e metaforico. Da qualche tempo hanno iniziato a tirar fuori la voce, non per le solite interviste vuote di contenuti, ma per porre l’accento su una questione importante, quella della loro salute fisica. Guardiamo al calcio e allo sport come esempio di stile di vita salutare, tratti in inganno da atleti-influencer alla Cristiano Ronaldo, che trattano il proprio corpo come un tempio. In realtà la quantità di partite e l’alto livello atletico richiesto sta lasciando strascichi pesanti sui calciatori più importanti. Mediamente una squadra di 25 elementi deve fare i conti con almeno due infortuni a giocatore.

Prendiamo in esame due casi, partendo da Kylian Mbappé. Chi si aspettava che facesse fuoco e fiamme al Real è rimasto finora deluso, perché il francese è andato avanti a rigorini finché non si è infortunato contro l’Alaves: resterà fuori almeno tre settimane per una lesione al bicipite femorale, proverà a recuperare per il Clasico con il Barcellona del 26 novembre. Al di là dell’infortunio, un aspetto molto sottovalutato è che a 25 anni Mbappé sembra già accusare il peso mentale di tutte le partite disputate. Da qualche tempo appare un po’ svuotato, non corre e non salta l’uomo come un tempo, insomma sembra un giocatore normale, non il più forte di tutti.

 

 

Quanto può influire lo stress mentale, oltre che fisico, lo racconta anche il secondo caso, quello di Lautaro Martinez. Per fortuna l’argentino è integro, ma viene da una stagione senza pause, in cui ha vinto lo scudetto da capocannoniere e poi la Copa America da trascinatore. È quasi scontato che sia in difficoltà dopo un anno così intenso, al punto da non essere riuscito ancora a segnare un gol in questa stagione.

A proposito di Inter, dopo il derby si è fermato Nicolò Barella: ko muscolare, resterà fuori tre settimane. Tra l’altro l’infortunio di Mbappé non è stato l’unico che ha fatto notizia, anzi ce ne sono stati due ben più gravi. Ter Stegen e Rodri hanno già finito le loro stagioni: il primo si è rotto il tendine rotuleo, il secondo il legamento crociato. Ironia della sorte, proprio il centrocampista spagnolo è uno di quelli che più si è esposto sul numero esorbitante di partite che i calciatori sono ormai costretti a disputare.

Molti sostengono che Rodri e compagni non abbiano il diritto di protestare o addirittura di minacciare uno sciopero perché guadagnano una montagna di soldi. Ciò non toglie che stiamo parlando della loro salute, messa a repentaglio da un calendario spinto oltre ogni limite. Tranne Francia e Germania, gli altri campionati principali conservano ancora le 20 squadre; la Champions League è stata ampliata con un significativo aumento delle partite; il Mondiale per Nazioni è stato allargato da 32 a 48 squadre; l’irrilevante Nations League occupa le poche pause che erano rimaste nel calendario calcistico. E l’anno prossimo arriva pure il Mondiale per Club, nato già mezzo morto: la Fifa non trova sponsor né tv, eppure troverà un modo per costringere le squadre a stare un altro mese in campo, tra giugno e luglio.

Con un calendario del genere alcuni giocatori possono arrivare a giocare 70 partite, praticamente due campionati in uno. Di conseguenza gli infortuni sono molto più frequenti, soprattutto quelli muscolari, anche perché le vacanze e le preparazioni estive sono ridotte al minimo e i tempi di recupero praticamente non esistono più. Uno sciopero dei calciatori non appare imminente, però è importante che i diretti interessati inizino a porre la questione in maniera seria. Sono forse gli unici che potrebbero riuscire a convincere chi comanda a rivedere un sistema che non garantisce lo spettacolo, ma solo più partite e infortuni. Se gente del calibro di Rodri, Carvajal, Alisson, Guardiola e Ancelotti sostiene che si gioca troppo, forse è il caso di dar loro ascolto...

 

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