Psg-Inter, questa sconfitta umiliante brucia meno dello scudetto buttato

Non buttare via il bambino con l’acqua sporca è la sola cosa che si può fare in questi casi. La disfatta del secolo inseguirà il tifoso interista fino nella tomba
di Pietro Senaldilunedì 2 giugno 2025
Psg-Inter, questa sconfitta umiliante brucia meno dello scudetto buttato
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Non buttare via il bambino con l’acqua sporca è la sola cosa che si può fare in questi casi. La disfatta del secolo inseguirà il tifoso interista fino nella tomba. Uno stigma, come il Milan che vince con il Liverpool e viene rimontato in un amen e poi battuto, come il gol di Magath alla Juventus, che il calcio ricorda ancora dopo più di cinquant’anni, perché certe pagine dello sport sono eterne, irredimibili. È questo d’altronde che gli sportivi cercano, l’immortalità attraverso le proprie gesta. Se tu anche riesci a rimuoverle dalla memoria, ci pensano gli altri a ricordartele appena accenni a rialzare la testa. Abbiamo tolto al Milan il primato della vittoria più netta in una finale di Champions, i due 4-0 a Barcellona e Steaua Bucarest; per regalarlo al Psg ma non è il caso di brindare a champagne.

Sconfitti e incolpevoli, la ritirata nerazzurra da Monaco dell’esercito di tifosi, con la differenza rispetto alle truppe sbaragliate che tornare a casa non è una consolazione, ma un supplemento di condanna. Ero anch’io a Monaco. Acerbi, Di Marco, Calhanoglu e gli altri? Giuro, li ho cercati, ma non li ho visti. Missione suicida per amore. Ma questa sconfitta umiliante brucia meno dello scudetto buttato due settimane fa. Quanto accaduto sabato sera è fuori dalla realtà, straniante e a suo modo anestetizzante. Questo campionato dell’Inter è stato un 5 maggio a tappe, fatto di una decina di partite vinte e poi rinunciate, concesse all’avversario come ci fosse sempre un domani e con il pretesto di orizzonti più gloriosi. È stato un atto di vigliaccheria verso se stessi, anche una mancanza di rispetto verso chi si sarebbe volentieri aggrappato alla consolazione di aver almeno vinto uno scudetto, che poi sarebbe stato il 21esimo in 120 anni, cartoni inclusi, non il 50esimo.

Consoliamoci con il percorso, lecchiamoci le ferite con il ricordo dei sette gol al Barcellona, che però l’anno prossimo sarà ancora tra le bellissime d’Europa. L’Inter? Si accettano scommesse. E poi è un percorso che sa anche di scorretta lettura della stagione: tutto è stato sacrificato per arrivare all’harakiri di sabato sera. Ne valeva la pena? Abbiamo scritto una pagina europea da dimenticare e abbiamo rinunciato a una gloria tricolore che nessuno ci avrebbe potuto levare. Gli esperti ci dicono che è stata lo stesso una grande annata, ma quanti interisti, dirigenti, calciatori e tifosi, firmerebbero per riviverla tale e quale nel 2025/26?

Il grillo parlante ripeteva che Bologna, Roma, Milan, Parma, Juve, Lazio erano avvisaglie del crollo e non dazi da pagare se si vuol trionfare. Vittoria chiama vittoria, sconfitta chiama sconfitta. La domenica del tifoso interista è molto diversa dal sabato del villaggio mediatico, sempre intento a nascondere la polvere sotto il tappeto per far girare il criceto tifoso nella ruota. Per fortuna non toccherà a lui mettere le mani nella frittata per rivoltarla. Inzaghi va? Resta? Quali colpe ha? Certo quanto accaduto gli spiacerà. Le valutazioni a chi sa, i meriti sono indubbi. Dagli spalti la squadra non sembrava carica, come non lo sembrava a San Siro quando ha buttato via per la settima-ottava volta lo stesso scudetto. Se è arrivato a giocarselo impappinandosi con un centravanti fuori contesto non è responsabilità sua. Se per un solo secondo si è illuso che spostare un terzino in mezzo al campo per ribaltare una finale di Champions solo perché aveva giocato bene una partita semi amichevole, significa che le ha provate tutte e non lo convince più nessuna.