Quanti erano gli italiani svegli la notte per godersi il monologo di Sinner contro Musetti lo scopriremo solo oggi, a quotidiano stampato. La «cifra clamorosa» in ogni caso non ci sorprenderà: erano tanti, garantito al limone. Pensa un po’ quanto è potente il virus: si chiama Jannik, scandisce un parlato dal tratto sfacciatamente sudtirolese e non mangia le vocali, gioca ai Lego, si fa gli strafatti suoi, zero polemiche, di politica non parlerebbe neppure sotto la minaccia di una tenaglia stretta attorno all’unghia, zero teatralità, il privato più protetto del Cremlino, amale belle donne ma non ama parlarne, può apparire un po’ noiosetto, in campo non bercia (giusto il pugnetto) e quando vince al massimo indulge a un pugnetto al cubo. Ecco, si pensi che nonostante tutto ciò uno smisurato numero di italiani ha fatto le ore piccole davanti alla tv per l’inedita sfida azzurra ai quarti degli Us Open.
Ma, ammettiamolo, ha fatto le ore piccole soprattutto per lui: la potenza del virus (parola, qui, spogliata da sfumature negativa, serve giusto a rendere l’idea). Com’è possibile? Come può il rosso nato ai confini dell’impero e con casa a Montecarlo aver destato in modo così travolgente un’italica vis tennistica latitante dalla Davis del 1976, impresa rievocata sino a diventare ingenerosamente caricaturale? La risposta- banale, sbrodolata, retorica ma oggettivamente veritiera- è la seguente: è possibile perché è italiano.
Dunque sbrodoliamo ancora un po’. Torniamo alla notte in bianco, all’Artur Ashe. La partita è finita, Musetti si dice «impressionato» dal rivale e Jannik da par suo ringrazia il nottambulo tricolore. Lo fa con queste parole: «Sicuramente qualcuno in Italia non avrà dormito. Siamo molto orgogliosi di essere italiani, è un Paese speciale, abbiamo un incredibile sostegno e poi siamo ovunque. È bellissimo essere italiani». Perbacco, che peso specifico!
Sinner, "Alcaraz l'ho osservato bene": allarme rosso Volandri
Tra Jannik Sinner e la seconda finale consecutiva degli Us Open c'è il canadese Felix Auger Aliassime, l'...Un poco di spiccia analisi semantica: «Siamo», «Abbiamo», «E poi siamo», «Italia-italiani-italiani», tre menzioni in rapida successione. Eppoi tutto al plurale, omnicomprensivo. Mi azzarderei a dire sinceramente sentito. Anche perché se Jannik in campo ha qualcosa a che spartire con un computer, quando ne è fuori dice ben poco per calcolo, piuttosto tace, silenzi che si affrancano dalla convenienza. Dunque il suo indugiare sull’orgoglio nazionale appare autentico, spontaneo. Al massimo, per chi alla malizia non può rinunciare, si può ipotizzare che ferma restando l’autenticità - Sinner abbia voluto recapitare un messaggio alla riserva dei riluttanti (d'altronde, quale miglior palcoscenico della partita contro Musetti?).
Un messaggio al riluttante Augias, che definì Jannik proprio «italiano riluttante» nonché «italiano per caso». Al Giancarlo Dotto che si iscrisse al medesimo partito, così come il compianto Oliviero Toscani. A Striscia la Notizia che lo sfotteva per la teutonica inflessione e che al suo nome accostava bandiere tedesche. Ai virulenti (loro sì, con accezione negativa) beoti-social. Agli allusivi alla Gramellini & Giordano & Cazzullo che volteggiavano sulla residenza monegasca. A loro e a tutti gli altri è stata recapitata una risposta, decisa e garbata. Se i riservisti riluttanti ancora non si capacitano della passione collettiva per il ragazzo di San Candido, riflettano su come gli italiani siano tutto, il contrario di tutto e cultori del bello per atavica attitudine.