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Immigrazione, Mario Draghi vuole mandare i Caschi Blu in Libia

Lorenzo Mottola
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Indossate l'elmetto: Mario Draghi vuole lo sbarco in Africa. Il presidente del Consiglio sta lavorando ad alcune mosse che potrebbero cambiare completamente la storia dei conflitti in Libia. La prima è nota: l'Unione Europea prepara un assegno da 8 miliardi di euro da consegnare nelle mani dei nuovi padroni di Tripoli per ottenere piena collaborazione e soprattutto il blocco dei clandestini. Della seconda fino a ieri non si sapeva nulla: l'idea è quella di organizzare una missione europea a Sud del Mediterraneo con il benestare dell'Onu. L'Italia vuole spedire i Caschi blu a pacificare le tribù. A spiegarlo è stato lo stesso Draghi ieri in audizione al Senato. Il premier ha detto che il piano «è stato anche oggetto dei colloqui avuti in Cornovaglia (il G7 di metà giugno, ndr). Quello che si sta cercando di fare è sollecitare l'azione dell'Unione europea cometa le sotto l'auspicio delle Nazioni Unite».

 

 

Ovviamente bisognerà capire quale sarà il ruolo di Washington e del nuovo presidente americano: «Si potrebbe anche chiedere di vedere se gli Stati Uniti possono affiancare o possono comunque essere favorevoli all'azione delle Nazioni Unite in quella parte del mondo, di nuovo nella consapevolezza che ormai quella sfida è diventata troppo grande per essere affrontata dai singoli Paesi». Poi è arrivata una frecciata alla Francia: «Prima giravamo in ordine sparso, ci danneggiavamo, eravamo concorrenti; oggi non si parla più di posizioni diverse, ma si discute e si marcia sulla stessa linea». Ovviamente, ci sono molti punti da chiarire. Prima di tutto bisogna capire cosa si intende per "azione" e con quante risorse. Una traccia la si può ricavare da un documento circolato a ottobre del 2020 a Bruxelles, preparato dagli osservatori europei in Africa. I nostri tecnici militari avevano già studiato la possibilità di attivare una spedizione Ue, con l'impiego di due brigate, da 5.000 fino a 10.000 uomini. E avevano pure concluso la loro analisi spiegando che questa soluzione era sconsigliabile per i rischi «di vasta portata».

All'epoca, però, il contesto era molto diverso, il Paese era ancora diviso. Oggi con il cessate il fuoco e le elezioni in vista l'ex dominio di Gheddafi è cambiato, anche se di certo per i nostri soldati non sarebbe una passeggiata. La minaccia terroristica sarebbe costante. Altro punto: oggi in Libia sono ancora presenti soldati turchi e russi. Ieri a Berlino si è tenuta una conferenza internazionale nel corso della quale è stato richiesto il ritiro delle truppe di Mosca e Ankara. Erdogan, tuttavia, mantiene delle riserve. Ovviamente, poi, bisogna tenere presente altri fattori. Quanto ci vorrebbe per organizzare una simile missione? Parecchi mesi. Nel frattempo gli sbarchi continuerebbero. Quanti Paesi europei appoggerebbero questa iniziativa? Di sicuro se ne parlerà nel corso del Consiglio europeo di questi giorni, anche se qualcosa già si può anticipare: nelle bozze del documento finale del vertice circolate finora non si fa menzione di militari o caschi blu.

 

 

Se tuttavia l'Ue dovesse dar retta al nostro presidente del Consiglio, i vantaggi sarebbero significativi. Si potrebbero presidiare i confini a Sud della Libia, smantellare i campi di prigionia e creare delle strutture Onu dove chi scappa dalla guerra potrebbe chiedere asilo in Europa, senza mettersi nelle mani degli scafisti. I clandestini, invece, potrebbero essere respinti o rimpatriati. Non a caso il Carroccio festeggia le parole del premier: «Una missione in Libia sarebbe una mossa di peso. Ed è esattamente per prendere decisioni di peso che abbiamo deciso di appoggiare il governo di Mario Draghi», spiega il sottosegretario leghista agli Interni Nicola Molteni, «certo che chi finora ha parlato di riportare le navi europee al largo della Libia resterebbe molto deluso».

 

 

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