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Africani in rivolta contro gli ucraini: caos totale, ecco cosa sta succedendo

Mauro Zanon
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«Occupazione in corso al centro di accoglienza per i rifugiati ucraini della Porte de Versailles. Bisogno di sostegno sul posto per appoggiare le nostre rivendicazioni: documenti e case per tutti indipendentemente dalla nazionalità!». E ancora: «Questo centro di accoglienza da 550 posti, riservato ai rifugiati ucraini, è quasi vuoto da diverse settimane, mentre migliaia di persone vivono per strada nell'Île-de-France (la regione di Parigi, ndr)». Prima di concludere: «Occupiamo questo centro perché incarna la politica di accoglienza segregazionista condotta dallo Stato francese».

Con queste parole, il collettivo pro migranti francese La Chapelle Debout ha annunciato lo scorso 17 luglio l'occupazione di un centro di accoglienza di rifugiate e rifugiati ucraini situato nella Hall 2 di Porte de Versailles, a sud di Parigi. Al grido di «Nous sommes tous des Ukrainiens!», siamo tutti ucraini, più di trecento persone, provenienti in maggioranza dall'Africa dell'Est, hanno invaso i luoghi con modi aggressivi, accusando la Francia di «razzismo» e di «discriminazione» a favore delle ucraine e degli ucraini. «Vogliamo: case per tutta la vita per gli abitanti dell'Ambassade des immigré.e.s (rifugiati in gran parte di origini africane che occupano un edificio al 17 di rue Saulnier, ndr) per quelli degli accampamenti di Bagnolet, Bastille e Libérté, per le famiglie del centro sociale di Montreuil e tutti quelli che sono ancora senza tetto; documenti per tutti», hanno chiesto durante l'assemblea generale improvvisata all'interno della Hall 2 di Porte de Versailles. Prima dell'associazione La Chapelle Debout, un altro collettivo, Utopia 56, aveva portato avanti queste rivendicazioni.

 

 

 

LA SINISTRA APPLAUDE - Sabato 9 luglio, i militanti di Utopia 56, che invitano lo Stato francese a «uscire da questa politica differenzialista», hanno organizzato un raduno a Parigi e una marcia dalla Porte de Versailles fino agli uffici del prefetto della regione Île-de-France. «Una casa per tutte e per tutti, a prescindere dalla nazionalità!», è stata la parola d'ordine, intonata durante la manifestazione.

Ian Brossat, assessore in quota Partito comunista alle Politiche abitative di Parigi, ha ricevuto nel suo ufficio il collettivo La Chapelle Debout. Con l'abituale retorica goscista cui ha abituato i parigini la sindaca Anne Hidalgo, il suo giannizzero Brossat ha ricordato che «la sistemazione delle persone che vivono per strada è di competenza dello Stato e non della città di Parigi». «Quando ci sono dei posti liberi, devono essere utilizzati!», ha aggiunto l'assessore alle Politiche abitative parigino, parlando di «doppiopesismo» nell'accoglienza dei rifugiati. Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, lo scorso 24 febbraio, la Francia ha accolto circa 92mila rifugiati ucraini. A Parigi, oltre al centro di Porte de Versailles, sono stati messi in piedi un centro dedicato alle famiglie, due per i primo-arrivanti all'interno di altrettante palestre e punti informazioni per facilitare l'accoglienza nelle stazioni ferroviarie. «Le autorità ci hanno sempre ripetuto che non ci sono soldi né personale. Ed ecco che ora, nel giro di pochissimo tempo, viene messo in piedi un ottimo dispositivo», ha denunciato Paul Alauzy, capo progetto a Médecins du Monde, prima di aggiungere: «Nel giro di un'ora, un rifugiato ucraino può fare domanda d'asilo, ottenere un alloggio, avere la tessera sanitaria, senza passare nemmeno una notte per strada. Tutte cose che altri impiegano sei mesi e a volte un anno intero a ottenere». Lo stesso Alauzy ha affermato che, pur essendo «estremamente felice che i profughi ucraini siano ben accolti», il dispositivo «deve essere allargato a tutti». La situazione tra rifugiati ucraini e rifugiati africani, a Parigi, è molto tesa: ma lo è anche in altri Paesi.

 

 



RAZZISMO E MINACCE - In Svizzera, per esempio, alcune donne ucraine arrivate con la prima ondata, hanno denunciato episodi di razzismo e minacce nei loro confronti. «Non ci sentiamo in sicurezza in questo posto. Impossibile lasciare le proprie cose in camera, perché i furti sono all'ordine del giorno», ha raccontato Anna al sito Blick.ch. «Siamo stati anche vittime di violenze razziste da parte di altri rifugiati, davanti a degli agenti di sicurezza rimasti impassibili...». Lubov, un altro rifugiato proveniente dall'Ucraina, ha rivelato che «alcune comunità qui presenti, come le persone algerine, purtroppo, sostengono in blocco la Russia. Sono poche, ma ci hanno già minacciato e insultato». 

 

 

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