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Immigrazione, "Avvenire" contro la Lega? "Perché limitare gli sbarchi è cristiano"

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Giuseppe Valditara
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Il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, in una replica ad una lettera di Matteo Salvini ad Avvenire, afferma che «credere nella tutela della vita significa accoglierla anche quando essa non sia produttiva e sia migrante». Anche in questo si sostanzierebbe il primato della persona umana. Insomma, sembra di leggere in tale osservazione, la difesa della persona umana consisterebbe nel dovere di accoglienza. La questione coinvolge il tema della immigrazione clandestina, posto che sulla positività di quella regolare anche Salvini si è espresso a chiare lettere. Una premessa è d'obbligo: il rispetto della vita umana presuppone innanzitutto la salvaguardia della vita di chiunque, anche di chi infrange le leggi di uno Stato e dunque pure di un "clandestino". Nessuno ha mai messo in discussione questo assunto. Anzi: il contrasto ai trafficanti di merce umana ha portato nel 2019 al più basso numero di morti in mare registrato negli ultimi anni. Meno immigrati partono e meno muoiono.

 

 

 

È dunque irrispettoso della persona umana bloccare l'immigrazione clandestina? Il problema va affrontato tenendo conto di quel grande principio ispiratore che per un politico sensibile ai valori cristiani deve sempre condizionare la sua azione: il bene comune. Ed è proprio dalla difesa del bene comune che per esempio papa Wojtyla partiva per suggerire la disciplina dei fenomeni migratori. Si legge per esempio nella Ecclesia in Europa pubblicata il 28 giugno 2003: "È responsabilità delle autorità pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in considerazione delle esigenze del bene comune. L'accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi". E ancora: forme possibili di integrazione se non devono "cedere all'indifferentismo circa i valori umani universali" devono tuttavia anche "salvaguardare il patrimonio culturale proprio di ogni nazione".

 

 

 

Non diversamente papa Benedetto XVI, dopo aver sostenuto il rivoluzionario "diritto a non emigrare", vero e proprio "diritto umano a vivere nella propria patria", ha ribadito che «ogni Stato ha diritto di regolare i flussi migratori e di attuare le politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune"». Ha quindi aggiunto che "una gestione regolata dei flussi migratori potrebbe almeno limitare per molti migranti i pericoli di cadere vittima dei citati traffici". Nel discorso ai sindaci nella udienza del 12 marzo 2011 sempre papa Benedetto aveva sottolineato come «bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza socialee si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana». E pure papa Francesco in una intervista dell'1 novembre 2016 ebbe ad affermare «si deve distinguere fra migrante e rifugiato». « Il migrante deve essere trattato con certe regole, perché migrare è un diritto ma è molto regolato. Invece essere rifugiato viene da situazioni di "angoscia"». È dunque evidente che politiche migratorie, sensibili a valori cristiani, devono, nel rispetto della persona umana, perseguire innanzitutto il bene della nazione evitando lo stravolgimento della convivenza sociale, garantendo il rispetto della legge, difendendo l'identità culturale di un popolo. Che era poi quanto già san Tommaso affermava nella prima sezione della seconda parte della sua Summa Theologiae. 

 

 

 

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