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Macron paga chi ci manda i profughi: l'intreccio con Haftar

Carlo Nicolato
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Gli immigrati arrivati sulle coste italiane tramite le Ong francesi potrebbero essere i primi di un'immensa ondata difficilmente controllabile qualora la situazione in Libia degenerasse. E Parigi potrebbe offrire la manina per dare la spintarella perché ciò accada. Il Displacement Tracking Matrix, programma dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che raccoglie dati sui flussi, ha identificato un totale di 679.974 migranti di oltre 41 nazionalità sparsi in un centinaio di comuni libici. Un numero in continuo aumento dopo la consistente diminuzione registrata nel 2020 durante il periodo della prima ondata di Covid.

La stragrande maggioranza di tali immigrati si trova in Libia con la speranza di riuscire un giorno, dopo aver racimolato il denaro sufficiente facendo qualche lavoro sul posto, aprender posto in un barcone per l'Europa. Anche se il numero è davvero allarmante per il momento la situazione è sotto controllo anche grazie agli accordi stipulati dall'Italia con il governo di Tripoli nel 2017, tra il governo Gentiloni e l'allora presidente del governo di libico di accordo nazionale Fayez Serraj, che prevedono che l'Italia fornisca aiuti economici e supporto tecnico alle autorità libiche per ridurre i flussi migratori, ai quali è affidata la sorveglianza del Mediterraneo attraverso la fornitura di motovedette, di un centro di coordinamento marittimo e di attività di formazione. 

CONTINUE VIOLENZE
Il memorandum è appena stato rinnovato, o meglio è successo automaticamente grazie a un articolo che prevede il tacito rinnovo dopo tre anni per un periodo equivalente, e questo nonostante le pressioni delle Ong che accusano le autorità libiche di violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione. Ma potrebbe avere le ore contate se il generale Haftar, attualmente sotto accusa per l'attacco al college militare di Tripoli, decidesse, come ha minacciato, di «liberare la Libia».

Attualmente nel Paese senza pace dalla caduta di Gheddafi decisa da Francia, Gran Bretagna e Usa, vi è un secondo governo provvisorio presieduto da Abdel Hamid Dabaiba, sempre più in bilico e minacciato dalle continue violenze dopo il fallimento delle elezioni politiche che si sarebbero dovute tenere alla vigilia di Natale dello scorso anno.

E soprattutto tenuto sulla graticola da altri due governi, l'uno che si è venuto a costituire a Bengasi sotto la guida di Fathi Bashagha, già ministro degli Interni di Serraj, l'altro a Tobruk per il momento solo teorizzato, sotto la guida di Khalid Al-Mishri. Bashagha è appoggiato dal generale Haftar e dalla Francia, anche se ufficialmente Parigi spinge per l'unità nazionale ma da una posizione che è opposta a quella dell'Onu e dell'Italia.

Dalla parte di Haftar c'è anche la Russia, o per meglio dire ci sono i mercenari del gruppo Wagner che Bashagha, in un articolo scritto per il Times, aveva criticato insieme a Putin, salvo poi ritrattare tutto con scuse annesse il giorno dopo. Haftar rimane dunque il punto di riferimento della Cirenaica, l'uomo forte di un esercito ben armato ed organizzato, il famoso esercito nazionale libico (LNA), militarmente sostenuto anche dall'Egitto e dall'Arabia Saudita.

Durante la sua visita nella regione libica di Al-Jufra, che è attualmente sotto il controllo dei russi della Wagner, Haftar ha annunciato di essere «vicino a prendere una decisione decisiva per determinare un percorso al fine di ripristinare lo Stato».

ACCORDI SEGRETI
Tale fumoso ma inquietante proposito potrebbe essere stato ispirato dagli stessi mercenari russi che nonostante la guerra in Ucraina sono sempre presenti nella zona con un numero di soldati che secondo Jalel Harchaoui, specialista in Libia e ricercatore associato presso il Royal United Institute for Defense and Security Studies di Londra, non dovrebbe essere inferiore alle 2mila unità. Di recente a Bengasi sarebbe arrivata dalla Russia anche una nave piena di munizioni. E la Francia? Lo stesso Harchaoui ritiene che Parigi "continua ad offrire ad Haftar almeno il suo sostegno diplomatico e politico, e forse di più". Tanto per capirci sono un paio di mesi fa Haftar si è incontrato a Bengasi con l'inviato speciale francese in Libia Paul Soler e l'ambasciatore francese Béatrice le Fraper du Hellen. Il contenuto delle discussioni è rimasto segreto.

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