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Ong e migranti, perché l'Italia si deve rassegnare a fare da sé

Pietro Senaldi
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Grazie all'impuntatura del governo Meloni sulla nave delle ong Ocean Viking, tenuta alla larga dalle nostre coste e approdata poi in Francia, l'Italia ha ottenuto il vertice di ieri a Bruxelles tra i ministri dell'Interno europei. Un buon risultato diplomatico, al contrario di quanto sostenuto dalla propaganda dell'opposizione anti-Meloni, che si ostina a giudicare una sconfitta per il nostro Paese il fatto di aver costretto Parigi a farsi carico del destino di poco più di duecento immigrati clandestini. Dai lavori di ieri si intuisce che l'incontro non metterà tutti miracolosamente d'accordo su una politica migratoria comune all'Unione. E come potrebbe essere diversamente? Gli Stati hanno interessi confliggenti, nessuno vuole farsi carico di decine di migliaia di diseredati, ma presto saranno decine di milioni, difficili da integrare, e la posizione geografica dell'Italia consente a tutti gli altri di voltarsi dall'altra parte ogni qualvolta un bastimento di miserabili parte dalla Libia puntando il nostro Continente.

 

 

BOMBA DALL'AFRICA - Gli studi demografici ci dicono che entro trent' anni l'Africa passerà da 1,2 miliardi di abitanti a 2,3; una bomba umana destinata a esplodere ai nostri confini. È evidente che l'Italia da sola, ma a dire il vero pure l'Europa, può fare poco. La colpa è soprattutto della Ue, che sull'emergenza endemica ha una politica suicida, quella dello struzzo. I vari premier non portano il problema in casa facendo finta di risolverlo e lo lasciano tutto all'Italia, che giudicano "disumana" quando accenna, una volta, a comportarsi come tutti fanno sempre. Il ministro Piantedosi e il presidente Meloni, che hanno dato subito chiari segnali di voler stroncare il traffico di clandestini, non hanno certo bisogno di consigli e fanno benissimo a portare il problema in Europa.

Occhio però, dire che l'immigrazione illegale è un problema continentale e va risolto in sede Ue è l'escamotage con il quale la sinistra rinvia la palla al centro in attesa di un aiuto da Bruxelles che sa bene arriverà difficilmente e comunque non in misura decisiva. È una posizione che Pd e compagni tengono di comodo, per far vedere che hanno presente il problema senza industriarsi per risolverlo; anzi magari talvolta consentendo a cooperative ed enti amici di lucrarci sopra, come il caso della Karibo, l'organizzazione d'accoglienza dei famigliari del deputato rossoverde Aboubakar Soumahoro, dimostra.

 

 

Per l'Italia avere una posizione di politica immigratoria europea, almeno fino a quando le cose non si sbloccheranno davvero, dovrebbe significare fare esattamente come gli altri Stati, ovverosia mantenere i porti chiusi e non rispondere alle chiamate degli scafisti, come fanno Malta e la Grecia, senza arrivare a sparare ai clandestini come fa la Spagna o a manganellarli come è solita fare la Francia. A brigante, brigante e mezzo, diceva il partigiano Pertini.

Lo scontro con Parigi è servito a provare a tutti gli italiani che gli altri trattano i clandestini peggio di noi, mentre il caso Soumahoro ha reso evidente che l'Italia non può accogliere degnamente tutti quelli che arrivano, e che può capitare che chi si dimena in piazza sostenendo le cause degli ultimi, poi riceva fondi pubblici per occuparsi di questi poveretti che tratta in maniera indegna, lucrando sulle loro sventure e facendosi pure bello. Ci auguriamo che non sia il caso della Karibo, ma più passano i giorni, più la speranza diventa flebile. Da qui si deve partire per mantenere una posizione rigida sull'accoglienza, fregandosene di chi ci critica e nella certezza di essere in buona compagnia. È importante stabilire, e far rispettare, a livello europeo un equo sistema di ripartizione dei profughi ma il nostro esecutivo ha un nemico diplomatico più insidioso di Parigi. È la nostra sinistra, il ventre molle della Penisola sulla quale gli altri Stati europei contano. Quando la destra arriva al governo, gli alleati Ue possono contare su Pd e soci per prendere tempo, far finta di nulla o addirittura attaccarci se chiudiamo i porti. Sanno che in Italia c'è una quinta colonna che lavora per loro e che, quando tornerà al potere, disferà la tela del centrodestra, riportando il problema alla casella di partenza. 

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