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Alessandra Ghisleri: "Giorgia Meloni? I conti si fanno a febbraio"

Pietro Senaldi
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È una luna di miele molto lunga... Dieci mesi e il gradimento di Giorgia Meloni è ancora sopra il 40%, con quello del suo governo poco al di sotto, tra il 36 e il 38. Il primo esecutivo di destra, per di più guidato da una donna, è una novità tale che gli elettori sono come in perenne fiduciosa attesa, non hanno ancora un giudizio definitivo, ma il sentimento diffuso resta positivo. «Poi c’è il discorso delle tifoserie, le minoranze asserragliate sulle opposte sponde, ma quelli sono blocchi stabili» puntualizza Alessandra Ghisleri, la premier dei sondaggi.

 

 

 

Su cosa si gioca la partita del consenso la presidente del Consiglio?
«Al primo posto tra le preoccupazioni degli italiani c’è fisso il caro prezzi, il 56% degli italiani si dichiara profondamente scontento dell’attuale andamento».

Le persone lo imputano al governo?
«Non ancora, ma si aspettano una risposta forte dell’esecutivo, una soluzione che freni l’aumento dei prezzi, giudicati da tutti sconsiderati rispetto alle possibilità di spesa non solo dei meno abbienti ma anche del cittadino medio».

Sull’inflazione nessun esecutivo può fare molto, poco incidono anche le banche centrali, che pure hanno la leva del costo del denaro...
«Questo non toglie che le aspettative dei cittadini siano alte: si attendono interventi in grado di fermare le speculazioni, la gente ha bisogno di sentirsi protetta, deve avere la sensazione che tutto sia vagliato e controllato nelle filiere del consumo. Non è un tema che riguarda solo bollette e carburanti. Il capitolo più delicato è quello degli alimentari, che infatti registrano una brusca frenata degli acquisti. Il fenomeno tocca anche la classe media: c’è molta preoccupazione, le famiglie temono di non riuscire a pianificare il proprio futuro, rimandano le decisioni, cercano di non indebitarsi a lungo termine proprio perché non sanno se riusciranno a onorare il mutuo».

Che effetto hanno avuto sugli italiani le recenti decisioni economiche, dall’eliminazione del reddito di cittadinanza alla popolazione attiva al decreto fiscale?
«Sulle risoluzione presentata in materia fiscale la valutazione di massima è positiva, ma gli italiani attendono di vedere i frutti della riforma. Quanto al reddito di cittadinanza, è una misura identitaria dei Cinquestelle, che al 70% degli italiani non è mai piaciuta, il 50% ha sempre voluto abolirlo e un altro 40% ritiene vada comunque modificato. In più, molti sono convinti che sia in competizione con certi lavori, che a causa dell’assegno del reddito ormai nessuno fa più».

Il Pd sbaglia a inseguire M5S nella difesa del reddito?
«Di massima, chi non percepisce il reddito non lo condivide, anche se ritiene che chi è in difficoltà vada aiutato. Anche gli elettori del Pd pensano che la misura abbia generato truffe e storture e vada modificata. Poi certo, se della difesa del reddito si fa una bandiera politica, un elemento per dare contro alla maggioranza, l’elettorato anti-governativo si compatta, ma si entra nel campo del tifo».

Più utile per la sinistra concentrarsi sul salario minimo?
«Il lavoro sottopagato è un problema avvertito dalla destra alla sinistra. Il 70% degli italiani intervistati è a favore del salario minimo e l’aumento dei prezzi rende la questione del compenso a chi lavora ancora più impellente. Il 60%, quindi anche elettori di sinistra, ha condiviso la posizione della Meloni, quando ha esplicitato che con i risparmi del taglio del reddito di cittadinanza si sarebbe tagliato il costo del lavoro e gli stipendi sarebbero saliti».

Il governo cederà quindi sul salario minimo?
«Questa non è una valutazione demoscopica, ci si addentra nel campo delle previsioni. Immagino che il governo stia studiando una via per venire a capo del problema intestandosi la soluzione senza che questo passi come un cedimento all’opposizione».

L’anno che precede il voto europeo è partito con il vento in poppa per la premier, che ha dieci punti di gradimento in più rispetto a Salvini e Conte, i leader che la inseguono intorno al 30%, ma la navigazione sarà ricca di insidie da superare. «La sanità è un’altra bomba a orologeria», precisa la direttrice di Euromedia Research. «Il 60% degli italiani ha più di cinquant’anni. La scienza ci fa vivere di più ma questo impone costi e controlli preventivi, gli elettori si aspettano che la sanità pubblica abbia facilità d’accesso e la mancata possibilità di ottenere visite in tempi ragionevoli se non paghi fa sentire le persone come cittadini di serie B. È un tema molto complicato, decisivo perla partita del consenso perché, come sui salari bassi di chi lavora, anche qui il divario sociale si avverte drammaticamente e pesa sul giudizio, tanto più che dopo il Covid siamo diventati tutti molto più attenti al tema salute, perfino i giovani. L’epidemia ha messo in evidenza le nostre fragilità».

Ma c’è un’altra partita che è tornata decisiva per orientare le preferenze dei cittadini. È quella del controllo dell’immigrazione. «L’anno scorso il tema non era quasi più avvertito», spiega la Ghisleri, «era dietro al quindicesimo posto nella classifica delle preoccupazioni; invece oggi è rimbalzato al secondo, subito dietro le ansie economiche». E non è solo una questione di aumento degli sbarchi; quello allarma ma è stato spiegato e contestualizzato bene, «anche se si è superata in peggio ogni aspettativa negativa», sentenzia la super sondaggista, che però riconosce al governo il merito di aver mantenuto una posizione combattiva e di orgoglio patrio nei confronti della Francia. «Questa rivalità rivendicata, la denuncia della mancata collaborazione di Parigi ha generato del sano revanscismo tra gli italiani, che apprezzano il piglio fermo della Meloni con Macron, un leader con il quale alla premier fa bene rivaleggiare» è il giudizio finale della Ghisleri.

 

 

 

Gli italiani hanno fiducia sul piano Mattei della Meloni per l’Africa e il controllo dell’immigrazione?
«Sì, ma va mantenuto un approccio direttivo e combattivo. L’elettorato non è soddisfatto dell’attuale situazione degli sbarchi ma la vera partita del consenso si gioca sulla gestione degli immigrati una volta arrivati qui e sulla loro redistribuzione. Per l’elettore di sinistra il tema è il libero accesso nel Paese e la possibilità di accogliere degnamente tutti, ma a chi vota centrodestra va data assolutamente una risposta perché il tema sbarchi è ineludibile».

Con l’allarme prezzi e la paura della classe media di impoverirsi l’immigrato torna a essere vissuto come un competitor?
«Certo, nella ricerca del lavoro e nella possibilità di accedere ai servizi dell’impoverimento. E torniamo ai temi delle buste paga basse e delle liste d’attesa infinite».

Il tema dell’allarme fascismo invece è superato?
«Ormai non lo mappiamo nemmeno più...».

Eppure dopo il 2 agosto, anniversario della strage di Bologna, è tornato in auge...
«È argomento da tifoseria politica, al massimo rinsalda le convinzioni delle parti, certo non le sposta».

La Meloni è percepita oggi come una leader di destra o come una leader conservatrice?
«Fdi è da mesi tra il 27 e il 30%. Questo significa che l’elettorato sta seguendo con attenzione la trasformazione del partito della Meloni su posizioni più moderate e inclusive».

La premier può pescare voti anche a sinistra?
«Questo al momento è arduo. Può portare a sé gli astenuti, che sono comunque il 50% dell’elettorato, come può farlo però anche Elly Schlein. Per ora però la crescita di Fdi è per lo più dovuta a uno spostamento di voti da Forza Italia e dalla Lega: nel centrodestra ci sono tre milioni e mezzo di consensi che nella storia della coalizione migrano da un partito all’altro».

Cosa deve temere di più la premier?
«L’operato dei suoi ministri e dei suoi rappresentanti politici. Sarà giudicata anche in base all’azione del suo governo, non solo su se stessa».

Sembra molto più forte, a livello d’immagine, del suo governo...
«Nel suo libro di prossima uscita, l’intervista con Alessandro Sallusti su cosa ha in testa, la Meloni si augura, tra 25 anni, di poter essere orgogliosa di quel che ha fatto per l’Italia durante il suo mandato. Credo che per lei la partita si giochi tutta se sarà capace o meno di mantenere il proprio pensiero dominante sulle circostanze, se riuscirà a mantenersi libera di fare quello che ha in mente, contro tutte le forze e le circostanze che frenano regolarmente i governanti in Italia».

Come stanno gli alleati della premier?
«La campagna per le Europee è già iniziata e le tre forze di governo sono impegnate a distinguersi nei confronti dell’elettorato, che nel centrodestra- su temi forti, dalle tasse alla politica internazionale all’immigrazione -, è molto più omogeneo di quello di centrosinistra, dove ogni singolo partito rivendicale proprie sfumature».

La grande incognita è il futuro di Forza Italia?
«Al momento il partito sta tenendo, anche adesso che lentamente svanisce l’effetto emotivo della scomparsa di Berlusconi. Questo significa che esiste una certa fiducia nell’eredità dei progetti del fondatore ed è su questo che l’elettorato rimasto è fidelizzato. Tutto sta a rinnovarsi riaggornando il messaggio berlusconiano. Forza Italia comunque ha meno problemi di distinguo rispetto a Fdi e Lega, che sono più in competizione l’uno con l’altro».

Salvini pare in ripresa da che è tornato ministro...
«Sembra stia trovando il suo nuovo baricentro...».

Più a destra di Fdi?
«Non è un discorso di destra o centrodestra ma di identità di partito. Contano le proposte».

Il centro è sempre in cerca d’interprete?

«Tutti vogliono stare al centro, perché protegge dagli estremismi. Il difficile è avere un appeal importante sugli elettori».

Non mancano invece i voti?

«Berlusconi era di centro ed è arrivato al 33%, Renzi addirittura al 41. Il centro ha più colori e fa convivere in sé diverse anime, deve però trovare qualcuno che le tenga insieme».

La Meloni guarda al centro ma il Pd della Schlein sembra voler buttarsi definitivamente a sinistra...

«La Schlein sta cercando di capire come tenere legata a sé quella parte di partito che potrebbe allontanarsi nel casi dia troppo spazio alla sua anima più di sinistra».

La accusano, anche dall’interno, di essere un mix di ideologia ed evanescenza...

«Anche se sei all’opposizione è importante che tu dia l’idea che la tua critica e la tua azione non siano vane e unicamente distruttive ma che gli elettori avvertano che le tue indicazioni possano essere migliorative dell’azione del governo. Questa è stata una delle abilità della Meloni anti-Draghi».

Quand’è che si decide la partita per le Europee?

«In politica le ultime settimane sono sempre importantissime. Però direi che a questo giro sono fondamentali la ripresa di settembre, dove il premier deve dare la sensazione del cambio di passo, e il prossimo febbraio».

Perché febbraio?

«E’ un mese di criticità per le famiglie. Dopo la sbornia natalizia, si inizia a fare i conti e tirare le somme su cosa ci si può permettere per l’anno appena iniziato. Non a caso Renzi lanciò a febbraio gli 80 euro, una mossa elettorale ben riuscita».

 

 

 

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